Dal punto di vista culturale la Modena che non cambia, da nessun punto di vista, è completamente immobile. L'amministrazione eternamente di centrosinistra (col centrodestra volutamente comprimario) veleggia sugli allori di un Modena Park pensato e voluto solo da Vasco e sulla rendita della fortunata idea del Festival Filosofia. Il resto è il nulla. Il deserto assoluto. Nessuna grande mostra, nessun concerto di livello, nessuna valorizzazione del patrimonio Estense e Romano, nessun evento coi big internazionali del panorama artistico. Per coprire l'imbarazzante paralisi si parla di 'cultura diffusa', di tanti piccoli eventi, si promuovono esposizioni fotografiche di semisconosciuti alla palazzina Vigarani... ma in realtà è evidente a tutti come questa narrazione sia solo un modo per nascondere il vuoto, per cercare di far credere ai modenesi che l'uva non è inarrivabile, ma è acerba, pure un po' velenosa. Il paragone con Ferrara che ospita Bruce Springsteen e fa brillare palazzo Diamanti, è umiliante.
A Modena ci si accontenta di un turismo che respira grazie all'eccellenze motoristiche e culinarie, ma che con la
Ecco, ma torniamo al biglietto da visita con gru e betoniera. Perchè la vera responsabilità di questo nulla che avanza inesorabile è da ricercare non nell'azione dell'attuale e incolpevole assessore senza portafoglio Bortolamasi, ma in una strategia economica precisa, partita da lontano, dai tempi in cui in piazza Grande sedeva Pighi e ai vertici della Fondazione Cassa Risparmio sedeva Landi.
E' evidente infatti che l'offerta culturale è legata a doppio filo agli investimenti che si decidono di mettere in campo e a Modena qual è il vero ente in grado di investire in cultura? Non certo il Comune costretto a chiudere Bilanci lacrime e sangue, ma la Fondazione Cassa di Risparmio, oggi Fondazione di Modena. Ebbene, la Fondazione ha deciso scientemente di vincolare tutto quello che poteva investire in termini culturali a un cantiere: la riqualificazione del Sant'Agostino-Estense. Una riqualificazione peraltro fine a se stessa perchè di quel contenitore, al di là della retorica su 'Ago' ancora non si è capito bene cosa si vorrà fare.
Intanto però calce e mattoni non si discutono.
'La prima parte dei lavori, attualmente in corso per una cifra di poco inferiore ai 30 milioni di euro, comprende interventi sulla parte demaniale e monumentale, oltre alla centrale tecnologica interrata, per un totale di circa 10 mila metri quadrati corrispondenti a poco meno della metà dell’intero complesso. Il termine dei lavori è fissato all’estate 2025 per la parte di proprietà demaniale. In particolare, gli interventi consistono nel consolidamento strutturale, rifacimento delle coperture, restauro e rifunzionalizzione degli spazi con inserimento di installazioni reversibili - si legge sul sito della Fondazione stessa -. Il secondo appalto, appena assegnato per una cifra che sfiora i 40 milioni di euro, prevede interventi sulla parte monumentale del complesso e su tutti gli edifici della zona a nord definita area non monumentale. Il fine lavori è previsto entro il 30 giugno 2029'.
Nel dettaglio la prima parte dei lavori è stata affidata all’Ati costituita da D’Adiutorio Costruzioni spa, Candini Arte srl, Gianni Benvenuto spa e Kairos Restauri snc, per un importo iniziale di 25,2 milioni, aggiornato a seguito di perizie di variante a 29,2 milioni.
Ecco, 70 milioni appunto.
E per il resto, per le mostre, per i grandi eventi, per la cultura lontana da calcestruzzo e ruspe non ci sono nemmeno le briciole. Beh quelle sì, quelle del gnocco fritto unto che straborda dalle tavole imbandite davanti a Palazzo Ducale.
Giuseppe Leonelli