Formigine, 25 aprile: ancora una agiografia della resistenza
 
  
Apoteosi di parallelismi forzati tra libertà e uguaglianza frutto della fine della seconda guerra mondiale e accoglienza senza limiti verso i migranti
Ho partecipato alla commemorazione che si è tenuta a Formigine. Il mio intento era di rendere omaggio a quanti avevano contribuito, quasi ottant'anni fa, a riportare libertà e sovranità sul territorio italiano occupato dai tedeschi e a rischio di occupazione slava al confine orientale. Non solo i partigiani delle formazioni comuniste tanto care all'ANPI, ma anche i partigiani cristiani, quelli liberali, anticomunisti, monarchici (tra i quali la medaglia d'oro Edgardo Sogno), senza tralasciare l'importante contributo dato dal Regio Esercito che si era ricostituito a Brindisi e aveva avuto il battesimo del fuoco nella battaglia di Montelungo.
Ancora di più, avrei voluto che il clima fosse quello della conciliazione, considerato il tempo trascorso e l'anacronismo di certe contrapposizioni ideologiche, che quest'anno hanno avuto ancora di più il sapore di basso pretesto politico per delegittimare una parte politica alla vigilia delle elezioni.
Con mia grande delusione (meglio, disillusione) ho assistito alla più stucchevole agiografia della resistenza, perfino attraverso la strumentalizzazione dei bambini della scuola primaria, che hanno realizzato un progetto patrocinato dall'ANPI (sic!) in un'apoteosi di parallelismi forzati tra libertà e uguaglianza frutto della fine della seconda guerra mondiale e accoglienza senza limiti verso i migranti, cavallo di battaglia della sinistra radical chic.
Il culmine è stato il drammatico racconto del bombardamento del castello del 16 aprile, nel quale trovarono la morte 20 persone, in cui si è accuratamente evitato di specificare che gli autori fossero i 'buoni' alleati anglo-americani, ma lasciando intendere che la colpa fosse sempre e in ogni caso dalla parte dei nazi-fascisti.
Come ogni anno la constatazione rimane sempre che ancora molti conti con il passato rimangono da fare, ancora troppo odio ideologico infiamma gli italiani. Il tempo non ha, purtroppo, contribuito a smorzare le divisioni in favore di un sentimento unitario comune, di un maturo confronto tra visioni diverse che trovino nella Patria, nella nostra amata Italia, la sintesi ideale nella quale riconoscerci fratelli. Resta solo da riprovarci l'anno prossimo, nella speranza che qualcosa, nel frattempo, sia cambiato.
Simone Zanin
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