Un’area militare che nel passato ha ospitato oltre 800 addetti, quindi potenzialmente in grado di ospitare una densità abitativa non indifferente (sino ai 250 abitanti per ettaro) ed oltre. E quindi la possibilità a portata di mano di consentire diversità d’uso, sia abitative che sociali e produttive. A queste sarebbe facile innestare modelli tecnologici di riscaldamento, condizionamento e smaltimento dei rifiuti, pratiche sociali e del tempo libero e di orti urbani innovativi per la nostra città.
L’obiettivo? Quello di attuare su scala urbana una vera e propria opera di trasformazione urbanistica micellare in grado di accogliere un tessuto sociale composito, caratterizzato da individui, famiglie ed operatori che già da tempo anche a Modena hanno deciso di poter fare a meno della motorizzazione a favore della ciclabilità, pedonalità e trasporto pubblico.
Attimo fuggente
L’ubicazione e le dimensioni di quest’ area “dismessa” sono tali da poter innescare nella città un vero e proprio meccanismo di riformismo urbanistico e sociale dall’impatto enorme, probabilmente (solo in riferimento alla storia urbanistica italiana) ben oltre l’esperienza del Villaggio Matteotti a Terni, quella di Olivetti nel materano e a Ivrea, di Lanerossi a Schio, sino adUna opportunità per una amministrazione riformista che si è costituita anche su di una parziale discontinuità dalle politiche urbanistiche degli ultimi quindici anni e che si dice dotata di visione: non esplorarla sarebbe un peccato difficile da graziare.
Non è questione solo di quantità di metri quadri disponibili, di localizzazione privilegiata, ma di saper cogliere una congiuntura irripetibile a fronte di:
Piano Urbanistico Generale appena approvato;
Nuova legge urbanistica regionale con nuovi ed inesplorati aspetti formali e sostanziali di applicazione;
Piano Aria Integrato Regionale, con limiti e tempi di attuazione cogenti vista la drammaticità dell’inquinamento atmosferico nella pianura padana e di Modena;
Piano della Mobilita Sostenibile, poco incisivo, ma che consente di trovare sbocco immediato ed originale alla proposta di Città 30 già avviata a Bologna;
Cittadini a favore di un abitare più sensibile ai temi dell’urbanistica e dell’edilizia sociale che aspettano una risposta qualificata e senza consumo di suolo;
Innovazioni tecnologiche della qualità dell’abitare oramai mature;
Intervenire sarebbe una risposta non demagogica né camaleontica al tema della rigenerazione urbana contestuale a quello della rigenerazione edilizia di interi edifici e parti di quartiere costruiti con e sul “foratone” in quasi tutta la città.
E per ultimo una occasione per ragionare concretamente sulla possibilità che si possa realizzare in tempi certi e modi innovativi un insediamento prevalentemente residenziale più a misura d’uomo che di automobile, ovvero quello che in altri contesti ed in altri tempi è stato e si sta realizzando in altre città d’Europa.
Mixitè
In definitiva un modo originale di pensare il riutilizzo di un’area militare per l’attuazione di una urbanistica con molteplici destinazioni d’uso, di modalità di gestione e prospettive dell’abitare innovativo e sostenibile.La possibilità di abitare e vivere in un’area che non richiede l’automobile, dove la ciclabilità e la pedonalità sono esaltate, promosse e valorizzate dalla brevità e sicurezza dei percorsi necessari al vivere quotidiano, sia quella casa – scuola che casa lavoro che verso i servizi commerciali di vicinato, e i più usuali servizi di quartiere. Dove possono trovare spazio edilizia sociale, commerciale e produttiva, in grado di rispondere positivamente a chi, per volontà, età, gusti ed orientamento non vuole più utilizzare prevalentemente solo l’auto per spostarsi. Un luogo dove la disabilità possa trovare accoglienza e piena ospitalità anche come opportunità di lavoro oltre che di residenza (vedi Vauban, Friburgo- Green House City Hotel, Polveriera a Reggio Emilia).
Sono certo che sempre più persone aspirino oggi a vivere in un ambiente urbano ricco di opportunità e soprattutto di socialità che l’uso dell’auto ha inibito negli ultimi 50 anni. Una aspettativa che però sino ad ora non è stata colta né dal settore edile né da quella cooperativa.
All’Ottavo” potrebbero finalmente realizzarsi in un contesto unitario i principi della mobilità dolce e della residenza sociale integrata grazie anche ad una limitata e calibrata offerta di posti auto o garage in favore di diffusi depositi bici collettivi e protetti, di edifici a consumo energetico nullo se non a surplus energetico, così come anche servizi comuni (lavanderie, stirerie, locali di svago, orti, giardini).
Ho la certezza che siano più che maturi i tempi per un percorso di rigenerazione urbana non solo da una ottica sociale ed ambientale, ma anche per oggettivi riscontri e domanda di mercato che nuove generazioni e collettivi di anziani sempre più aspirano ad ottenere con la prospettiva di stare insieme in luoghi pieni di vita, opportunità di svago ed assistenza e socialità diffusa.
Riuso del patrimonio edilizio esistente
In un’area di queste dimensioni e particolarità potrebbero trovare posto alcuni edifici/alloggi temporanei o di transizione riservati a famiglie che intendano intervenire su proprietà che necessitano di impegnativi interventi di efficientamento energetico di cui la città è piena (edifici che non saranno mai abbattuti) e sulle quali finalmente potrebbe avviarsi una vera politica di intervento guidata dall’Amministrazione Comunale. Ed in questo ragionamento dovrebbe trovare posto anche il tema del finanziamento di rinnovo energetico e di messa in sicurezza degli edifici che non possono più essere delegate al singolo proprietario. Cassa Depositi e Prestiti e Fondazione Cassa di Risparmio avrebbero l’opportunità di contribuire ad un innovativo progetto dove concertazione economica e finanziaria tra istituti di credito, aziende fornitrici di energia, impiantisti ed artigianato di servizio ed operatori sociali tutti, avrebbero il loro tornaconto. Diventando attori di un vero e proprio supporto alla programmazione e pianificazione comunale (con anche il sostegno di fondi europei, regionali e nazionali) per interventi edilizia finalizzati a rendere facilmente raggiungibile il consumo zero di suolo, l’uso sempre più limitato delle energie fossili, la diminuzione dell’inquinamento atmosferico, la mobilità sostenibile e non per ultimo una casa a buon prezzo.Questo il new deal che l’“Ottavo” ci offre e che propongo alla città, convinto che possa dare chances per diversi anni a venire alle necessità del settore edile, promuovere quella solidarietà che ha contraddistinto la città in parte persa ma che è lì, resiliente in attesa di dare quel che ha sempre dato a molti. Un programma/progetto che può offrire ai professionisti occasione nuova architettura e ingegneria, anche sociale di qualità, in grado di contaminare l’intera municipalità, così come è stato fatto per e durante i migliori esempi di innovazione urbanistica e sociale (vedi ancora Terni, Vauban, Matera, Schio, Ivrea).
Opportunità quindi di agevolare il passaggio da una società locale drammaticamente fondata sull’uso non sostenibile dell’auto privata (oltre 650 vetture per 1000 abitanti contro una media europea di 450), verso il dimezzamento degli spostamenti in ambito urbano al 2030 dei mezzi a motore in favore di pedonalità, ciclabilità e una rinascita del trasporto pubblico.
Lorenzo Carapellese - Urbanista