Lo fu negli anni ‘20, dopo la prima guerra mondiale, assumendo posizioni estremiste filosovietiche, tanto che l’elettorato moderato italiano si schierò dalla parte del fascismo senza essere fascista (lucida al riguardo l’analisi di Bruno Vespa nel suo ultimo libro su Hitler e Mussolini).
Lo rifece dal ‘45 in avanti, dopo la seconda guerra mondiale, assumendo anche in questo caso posizioni filosovietiche, antiatlantiche, antieuropee (votò addirittura contro i trattati di Roma che crearono le prime istituzioni comunitarie), arrivando persino ad appoggiare l’Unione Sovietica nelle sanguinose repressioni delle rivolte popolari di Praga e Budapest, perdendo definitivamente l’elettorato del ceto medio ma anche fette dell’elettorato moderato di sinistra.
Lo ha rifatto negli anni ‘70-’80 dimostrandosi poco credibile quando era alla opposizione e inefficace e inconcludente quando andò al potere coi governi Prodi, D’Alema, Amato, Letta, Renzi, Gentiloni, vittima delle correnti interne massimaliste e antagoniste che gli fecero perdere le elezioni.
E la storia si ripete oggi quando
Se a tutto ciò aggiungiamo la presenza ai vertici del Pd di Elly Schlein, l’italo-svizzera-americana, con tre passaporti in tasca, ricchi genitori a New York con proprietà in Svizzera, che non piace alla componente ex Margherita del Pd e nemmeno alla corrente interna che fa capo a Bonaccini, si ha il quadro completo di una lunga storia fatta di illusioni e di tante delusioni.
E la foto sui giornali che vede insieme Schlein, Conte, Fratoianni, Bonelli e Landini è una immagine poco rassicurante e una alternativa di governo poco credibile per gli elettori.
E, sondaggi elettorali alla mano, pare che i cittadini preferiscano che il Pd resti al momento in minoranza.
Cesare Pradella