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Stupro di Formigine, da sindaca un messaggio garbato in un'epoca giustizialista

Stupro di Formigine, da sindaca un messaggio garbato in un'epoca giustizialista

So che il messaggio della sindaca di Formigine è stato un messaggio ‘corretto’. Che c’ha invitato a non odiare


4 minuti di lettura

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La sindaca di Formigine c’ha invitato a non odiare e c’ha ricordato che, quando in gioco ci sono i diritti inviolabili di alcune persone, per questo solo, ad essere minacciati sono i diritti di libertà di tutti noi. Il suo è messaggio ‘corretto’. Leggo attentamente il messaggio della sindaca di Formigine, leggo distrattamente i relativi commenti social – talvolta anche violenti – e, di primo acchito, considero quanto segue. Premesso che sindaci e amministrazioni comunali non possono ‘selezionare’ i minori stranieri non accompagnati da accogliere – che si tratti d’attività conseguenti a rintraccio ovvero d’attività conseguenti a sbarco, infatti, l’accoglienza è affare esclusivo delle prefetture, delle polizie di sicurezza e dei servizi sociali –, il punto è che, nell’attualità, la politica urla.
Salvo rare eccezioni, non pensa, non analizza e non sistematizza.
Ma urla. E, urlando, pretende di liquidare temi complessi semplificandone le ‘risposte’.
Il messaggio della sindaca di Formigine, per converso, non urla. Pensa. Lo fa nelle parti in cui è dato leggere che «quanto accaduto […] colpisce profondamente e lascia un senso di dolore, rabbia e smarrimento» e che «la violenza subita da una donna […] è un fatto gravissimo».
Analizza.
Lo fa nelle parti in cui è dato leggere che «la prima parola [dell’Amministrazione comunale] va a lei, alla sua sofferenza, al coraggio che ha avuto» e che le Istituzioni [hanno] il dovere di starle accanto, di proteggerla e di garantirle tutto il supporto necessario».
E sistematizza. Lo fa nelle parti in cui è dato leggere l’espresso ringraziamento «alle forze dell’ordine», l’espresso invito a non «cedere alla tentazione della generalizzazione o della strumentalizzazione» e l’espressa rassicurazione circa il fatto che l’Amministrazione comunale «continuerà a lavorare per rafforzare il presidio del territorio, la collaborazione con le forze dell’ordine e i progetti di prevenzione e sensibilizzazione, soprattutto verso i più giovani».
È un messaggio, quello della sindaca di Formigine, che, se filtrato attraverso il prisma proprio dell’attualità, ‘pecca originariamente’. Perché?
Perché è garbato. Là ove, nella presente epoca storica, garbo e politica sembrano rappresentare il classico ossimoro.
E perché è equilibrato. Là ove, nella presente epoca storica, ad imperare è il più bieco giustizialismo. Eppure, è un messaggio, quello della sindaca di Formigine, scritto per ricordare semplicemente che «la responsabilità [penale] è sempre individuale» e che, per quanto grave possa essere il delitto commesso, le nostre comunità non devono mai poter essere libere d’abdicare «alla legalità, al rispetto e alla convivenza civile».
L’affermazione che precede non può essere
revocata in dubbio: se legalità e rispetto rappresentano la base della convivenza civile, la convivenza civile incarna il senso ultimo dello stato di diritto: se senza legalità e rispetto non può esservi stato di diritto, senza stato di diritto non può esservi convivenza civile.
Affermare, come la sindaca di Formigine ha fatto, che, per quanto grave possa essere il delitto commesso, le nostre comunità non devono «cedere alla tentazione della generalizzazione o della strumentalizzazione», a ben guardare, equivale semplicemente a ricordare, secondo verità, che l’equazione immigrazione = criminalità è destinata a non cogliere nel segno perché l’immigrazione è affare complesso, che oscilla tra diritti – che, quali quelli alla salute, all’assistenza sociale, all’abitazione e all’istruzione, sono (anche) costituzionalmente protetti – e delitti – tali essendo e quelli commessi (anche) dagli stranieri e quelli, di discriminazione, di tortura e di riduzione in schiavitù, commessi in danno degli stranieri – e che, allorquando si ragiona di sicurezza, deve essere ‘costruito’ dall’alto, vale a dire dalla politica. Da una politica, però, che, con l’affaire immigrazione deve infine iniziare a fare i conti, non potendo più l’azione governativa continuare ad oscillare inutilmente tra due poli opposti – rappresentati, da un lato, da chi predica accoglienza
incondizionata e, dall’altro lato, da chi predica tolleranza zero –, entrambi improntati a puro populismo: perché, (anche) quando si ragiona d’immigrazione, a stagliarsi sullo sfondo è la dignità di persone che sono a loro volta titolari di diritti civili che certamente non possono essere cancellati ‘per colpa di qualcuno’.
Non so – sinceramente non lo credo – se la politica, oggi, sia ancora in grado di indirizzare i desiderata popolari verso lidi improntati a corrette scelte valoriali. Non so – sinceramente non lo credo – se esistano, ancora oggi, i cosiddetti corpi intermedi. Né so, ammesso e non concesso che esistano, se sono, ancora oggi, in grado di selezionare correttamente le istanze sociali.
Ma so che il messaggio della sindaca di Formigine è (stato) un messaggio ‘corretto’. Che c’ha invitato a non odiare. E che c’ha ricordato che, quando in gioco ci sono i diritti inviolabili di alcune persone, per questo solo, ad essere minacciati sono i diritti di libertà di tutti noi.
Guido Sola
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Laureato in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia. Dottore di ricerca in Scienze penalistiche presso l’Università degli Studi di Trieste. Già assegnista di ri...   

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