Da anni Lapressa.it offre una informazione libera e indipendente ai suoi lettori senza nessun tipo di contributo pubblico. La pubblicità dei privati copre parte dei costi, ma non è sufficiente.
Per questo chiediamo a chi quotidianamente ci legge, e ci segue, di darci, se crede, un contributo in base alle proprie possibilità. Anche un piccolo sostegno, moltiplicato per le decine di migliaia di
modenesi ed emiliano-romagnoli che ci leggono quotidianamente, è fondamentale.
A metà tra il divertito e l'annoiato, tra le tante cose che vanno accadendo, leggo con un certo interesse circa rinnovate riflessioni in merito alla apponenda lapide a memoria degli Estensi. Tra interessanti e condivisibili riflessioni di docenti, liquidati con l'essere detti ' bolognesi' (storico nemico per via di una certa 'secchia') e l''ipse dixit' dei promotori l'iniziativa, non mi pronuncio.
Evitandolo mi autolimito nel non volere portare offesa ad alcuno cominciando col dire che gli Estensi a Modena ci sono arrivati 'per disperazione', che Ferrara vanta ben più nobili tradizioni riferite a Casa d'Este, che solo la presenza allora di un 'castello' fece scegliere come più conveniente la sistemazione a Modena assunta a capitale in luogo della prevista Guastalla e così altre simpatiche e divertenti vicende, come le scappatelle dei Duchi, le lunghe assenze, i vizietti di giuoco.
.
.
Ma tanti e molto più propriamente di me ne hanno scritto diffusamente e quindi mi fermo a considerare una sola parola: lapide.
Molte sono le lapidi nella città di Modena, alcune ignorate dalla piu parte dei cittadini, altre più note, qualcuna scomparsa. ma la lapide che più mi fa piangere il cuore si trova in Piazza Grande, sul muro dell'Arcivescovado. Ricorda come quel selciato fu bagnato da sangue innocente. Una corona rinsecchita, appesa lassù, che dopo poco scompare, indifferenza, ma quello che considero una sacrilega offesa a quei morti è l'avere permesso che proprio in quel punto venissero installati i tavolini di un esercizio pubblico. Ricordo un vecchio film di Don Camillo, quando alla ricerca di una tomba in un piccolo cimitero di guerra, trovano una distesa di grano e il fratello del caduto mormora: ma con tutto lo spazio che avevano, perchè proprio qui dovevano farci un campo seminato.
La stessa domanda mi pongo io, ma con tutta la piazza, perchè proprio su quel fazzoletto di terra reso sacro dal sangue di innocenti? Abbiamo ancora rispetto o ormai non importa più nulla a nessuno? Vale solo il consumare, il girare come automi per il centro senza meta, il mostrare cosce e glutei su tacco 12 e polpaccio diametro 43, per tacere della coscia? Ma già, siamo nella terra di zampone e prosciutti. Quanti ancora hanno ad alzare gli occhi verso lapidi che ricordano fatti, eventi, personaggi, martiri? Temo pochi e distratti. Allora comincerei con un programma di visite educative, conoscere a chi sono dedicate le vie della città, cosa accadde in tanti luoghi ricordato da lapidi, cippi, piccoli monumenti soffocati tra le auto.
Scusate, forse non ho diritto di parlare, ormai sono un modenese 'di quelli di via' come disse Formigini. Ma ogni tanto torno, mi guardo intorno, osservo, cerco di riflettere. Con questa mia vorrei principalmente dare voce a quei caduti, fargli dire, voi che ridendo e scherzando vi sedete a prendere l'aperitivo lì dove noi versammo il nostro sangue, provate a riflettere un attimo: la libertà di cui godete fu tragicamente conquistata anche col nostro sacrificio. In verità ne avevo già scritto in passato, probabilmente rimarrò nuovamente inascoltato, reputato noioso in questo mio continuare a porre domande e fare osservazioni e se così è, quantomeno mi si tolleri.
Giuseppe Bellei Mussini
Redazione Pressa
La Pressa è un quotidiano on-line indipendente fondato da Cinzia Franchini, Gianni Galeotti e Giuseppe Leonelli. Propone approfondimenti, inchieste e commenti sulla situazione politica, .. Continua >>