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di Manuela Fiorini
La Notte di San Giovanni, il 24 giugno, è legata alla tradizione della raccolta delle noci per preparare il Nocino, il liquore dal colore scuro, dalla consistenza morbida e dal gusto inconfondibile. È proprio durante il Solstizio d’Estate che, secondo la tradizione, devono essere raccolti i malli delle noci ancora acerbe. Le origini di questo infuso sono ancora incerte. Alcuni documenti di epoca romana tramandano che i Britanni erano soliti celebrare la notte del Solstizio bevendo un liquore scuro e aromatico, preparato con le noci. Fonti successive riportano che gli abitanti dell’odierna Francia erano usi consumare un liqueur de brou de noix. Proprio dalle regioni francesi, il liquore di noci avrebbe fatto il suo ingresso in Emilia e nel modenese in particolare, a seguito delle migrazioni delle popolazioni celtiche. Alla preparazione del nocino sono ancora legati i riti celtici e quelli legati alle streghe e alla divinazione.
Secondo la tradizione, infatti, nella Notte di San Giovanni, le noci dovevano essere raccolte dalla donna più esperta nella preparazione del liquore, che doveva salire a piedi nudi sull’albero di noce e staccare i frutti migliori a mano e senza intaccarne la buccia. Per effettuare la raccolta e per radunare le noci, poi, non dovevano essere usati strumenti o contenitori di metallo. Le noci raccolte, poi, dovevano rimanere esposte alla rugiada per tutta la notte ed essere messe in infusione il giorno successivo.
I riti della Notte di San Giovanni
Il periodo compreso tra il 19 e il 25 giugno ha assunto fin dai tempi più antichi una valenza magica. Il sole, infatti, sembra fermarsi, sorge e tramonta sempre nello stesso punto, finché, il 24 giugno, riprende la sua corsa e ricomincia a muoversi sempre più a sud.
Ed è proprio in questo giorno che le culture precristiane erano solite celebrare il Solstizio d’Estate. Secondo la tradizione celtica, infatti, il 24 giugno aveva luogo lo sposalizio del Sole e della Luna. Durante questa notte venivano quindi raccolte le noci e le erbe per preparare intrugli e pozioni. Il Cristianesimo, tuttavia, tentò di assimilare i riti pagani sovrapponendovene altri cristiani. Il 24 giugno venne quindi associato alla nascita di San Giovanni Battista che, secondo il Calendario Liturgico, era nato sei mesi prima di Gesù e battezzava con acqua coloro che il Salvatore avrebbe poi battezzato con il fuoco dello Spirito Santo. Con il tempo, la tradizione pagana e quella cristiana si mescolarono. I rituali, anche molto antichi, vennero assimilati dalle comunità rurali e si sono tramandati fino ai giorni nostri. Tra questi ci sono i Fuochi di San Giovanni, grandi falò che i contadini accendevano su dossi e colline con una valenza propiziatoria e purificatrice. Il fuoco e il fumo hanno infatti la valenza di tenere lontani gli spiriti maligni e le streghe che, secondo la leggenda, proprio la Notte di San Giovanni si radunano attorno al grande e magico Noce di Benevento per il sabba.
Le streghe e le noci
Per capire il legame che da secoli lega le streghe alle noci, dobbiamo fare un passo indietro, ai tempi dell’imperatore Domiziano, quando, proprio a Benevento, si sviluppa un culto misterico legato alla dea Iside, nella quale convergono le caratteristiche sia della dea romana della Luna, Diana, sia della dea degli inferi Ecate. Tra gli aspetti peculiari di queste divinità c’è un forte elemento femminile e un altrettanto forte legame con la magia. Da questo culto nasce la figura della strega, che nella zona di Benevento viene chiamata Janara, (da Diana). Nel VII secolo, come riporta il trattato di Pietro Piperno Della superstiziosa noce di Benevento del 1639¸ la città diventa la capitale di un ducato longobardo. Sebbene ufficialmente convertiti al cristianesimo, molti longobardi continuano a professare un culto pagano, in cui veniva venerata una vipera dorata, alata e con due teste, con legami con l’antico culto di Iside. Gli adepti erano soliti riunirsi sulle rive del fiume Sabato (da qui, poi, il nome di sabba, riferito ai culti demoniaci), dove si trovava un grande albero di noci, per celebrare riti legati al culto della Luna e alle messi. Finché Barbato, vescovo di Benevento, deciso a estirpare ogni culto pagano, non solo fece estirpare il grande noce, ma condannò come demoniaco e malvagio qualsiasi culto che non fosse quello dell’unico dio cristiano. In particolare, le donne dedite agli antichi culti agresti precristiani vennero additate come streghe (da strix, uccello notturno dal verso caratteristico, indicato come portatore di malasorte). Si dice anche che il demonio avesse fatto ricrescere in una notte il grande noce di Benevento in un luogo segreto, per fare sì che le sue seguaci arrivassero da tutto il mondo per celebrarlo sotto alle sue fronde.
Nocino, la ricetta secondo l’antica tradizione dell’Ordine del Nocino modenese (www.ordinedelnocinomodenese.it)
Ingredienti
*1 litro di alcool 95°
*1000-1200 gr di zucchero
*1000-1200 gr di noci (33-35 noci circa a seconda della dimensione ma sempre in numero dispari)
Le noci devono essere rigorosamente di provenienza locale e prive di qualsiasi trattamento.
Esse inoltre devono essere, così come indica la tradizione, raccolte nel periodo a cavallo della festività di S. Giovanni Battista. Ingredienti facoltativi: Chiodi di garofano e cannella in minime quantità e dosati in modo tale che l’aroma prevalente nel liquore sia sempre quello della noce e che il bouquet complessivo che si crea risulti armonioso.
Le noci, una volta raccolte, devono essere tagliate in 4 parti e riposte in un contenitore di vetro (privo di guarnizioni di gomma) insieme allo zucchero. Dopo averle conservate al sole per 1-2 giorni e mescolate periodicamente, le noci sono pronte per essere addizionate dell’alcool e degli eventuali aromi. Il prodotto così ottenuto dovrà essere posizionato in una zona parzialmente esposta al sole, saltuariamente aperto e rimescolato, e filtrato non prima di 60 giorni.
Si consiglia di effettuare l’imbottigliamento in contenitori di vetro scuri e/o affinare il prodotto in botticelle di legno. È possibile scegliere sia legno di rovere che di castagno a condizione che la botticella sia stata adeguatamente trattata prima dell’utilizzo. La conservazione del nocino deve essere effettuata in un luogo fresco e per un tempo minimo di 12 mesi se si desidera apprezzare a pieno tutte le caratteristiche organolettiche di questo liquore.
Il libro
AA.VV
I racconti della notte di San Giovanni. Pag 186 – 14 euro. Damster Edizioni
Venti racconti dove il profumo del nocino, si diffonde tra le parole, regalandoci storie di emozioni e mistero tra i magici riti della notte del Solstizio d’Estate.