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Caro sindaco,
dopo le scuse, gradite ma non richieste, a viva voce o con messaggi, ricevute ieri dall'ufficio stampa del Comune e dal tuo portavoce (ma nessuna di queste a nome tuo), per l'infelice, quanto oggettivamente offensivo, appellativo con cui ieri, pubblicamente, con tono sprezzante, nel corso di una conferenza stampa, ti sei rivolto a me, ho deciso di scriverti, come non ho mai fatto.
Rendendo pubblica la cosa, pubblicandola proprio qui, in questa testata per te scomoda e antipatica forse solo perché non allineata al sistema. Senza presunzione da parte mia, anzi con umiltà, e con l'immutato rispetto che da sempre, doverosamente e per me in modo naturale, si deve ad un sindaco, in particolare al sindaco della mia città, così come all'istituzione che rappresenta.
Un rispetto che se è tale per il ruolo che ricopri, da ieri, purtroppo, non lo è più per la persona.
E ciò dispiace, tanto. E non a caso oggi uso per la prima volta quel 'tu' nel rivolgermi a te, che nelle istituzioni, e verso chi rappresenta le istituzioni, non ho mai usato. Perché in più di venti anni di professione (io a scrivere per radio, TV e giornali di carta e web della cosa pubblica modenese, e tu a rappresentarla, quella cosa pubblica, da Vicepresidente della provincia, dalla metà degli anni '90, poi da assessore regionale, ed ora da sindaco e presidente della provincia), pur da diversi fronti, spesso anche reciprocamente critici, non si è mai perso (o almeno voglio credere che sia così da parte tua perché da parte mia lo è sempre stato), il riferimento (che è anche prezioso limite) del rispetto. Personale ancora prima che professionale.
E allora sindaco ti chiedo: perché ieri te ne sei uscito all'improvviso in quel modo, con tono sprezzante, davanti a colleghi giornalisti, amministratori e funzionari del comune, chiamandomi e definendomi 'Delfino di.....citando il nome dell'editore della TV con cui collaboro con servizi giornalistici, pur da corrispondente esterno? Perché quando, ammutolito di fronte ad un tale appellativo, dopo un minuto ti ho chiesto spiegazioni, magari in privato, due minuti, senza disturbare i fotografi che ti immortalavano col nuovo assessore, tu mi hai risposto che non devi spiegare nulla e che non vuoi confrontarti? Perché sei arrivato a dire che al massimo potevo prendere quella offesa come parziale compensazione alle tante da te ricevute dai miei articoli e da La pressa? Perché te ne sei andato quando ti ho chiesto di elencare le offese di cui insieme a La Pressa sarei per te colpevole nei tuoi confronti? Perché a meno di non confondere la verità per un'offesa (perché per le offese e la diffamazione che ci sono le sedi competenti), hai preferito non rispondere? Perché ieri sei caduto così in basso, nello stile, nei modo, nell'educazione, nell'ABC del rispetto personale e professionale? Me lo sono chiesto ripetutamente in queste ore. Tanto da dormire poco. La mia collaborazione saltuaria che porta i miei servizi anche sulla TV edita da chi ieri hai nominato in riferimento al Modena Calcio con la stessa saccenza e supponenza, non può essere così importante da meritare la tua offesa. Forse non è stato ancora digerito l'ultimo smacco, partito da un nostro articolo, che ti ha recentemente scalfito nell'orgoglio, e obbligato a fare pubblica ammenda sul sito web del Comune, per avere violato la par condicio dopo avere utilizzato Vasco Rossi per la campagna elettorale tua e del PD? Non so. Davvero non lo so. E forse non sono nemmeno io a dovermelo chiedere, bensi tu a doverlo spiegare. A me e a quelle persone che ieri erano li, ad ascoltare quell'infelice uscita. Non per me ma per il ruolo che ricopri e per il contesto in cui l'hai pronunciata. Anche brevemente. Scrivendo o facendo scrivere due righe, anche solo due, ma sincere. Al tuo portavoce, o al capo ufficio stampa, magari proprio a quest'ultimo da sempre al tuo fianco, fin dai tempi della Provincia dei primi anno 2000, che si è speso recentemente per non inserire La Pressa nella rassegna stampa del Comune, che nel suo inopportuno doppio ruolo di rappresentante del sindacato dei giornalisti a Modena e capo ufficio stampa del Comune, anziché gettare benzina sul fuoco a tuo favore avrebbe dovuto, così come dovrebbe fare oggi, tutelare un professionista e la categoria che formalmente ed ufficialmente rappresenta.
Ma forse è così che funziona, nel degrado e nella pochezza di un sistema arrogante sempre più involuto su se stesso per difendere quel poco che ne rimane, a scapito di quella minoranza di 'poveri' sfigati, inguaribili romantici senza spalle coperte e senza paracadute che a certe cose, e a certe forme, credono ancora”
Gianni Galeotti