Natale, il Vescovo di Modena: 'Per Dio siamo tutti immensamente abili'
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Natale, il Vescovo di Modena: 'Per Dio siamo tutti immensamente abili'

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'La vera e profonda disabilità è l’egoismo, che alimenta gli idoli del potere, del successo, del denaro e del piacere: l’egoismo disabilita il cuore'


Natale, il Vescovo di Modena: 'Per Dio siamo tutti immensamente abili'
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La “Madonna della Pappa” di Guido Mazzoni, realizzata alla fine del Quattrocento e collocata nella cripta del Duomo di Modena da un secolo e mezzo, è un’opera ammirata e famosa. Ad attirare la curiosità del visitatore non sono tanto le belle figure della Madre e del bimbo Gesù sulle sue ginocchia; e neppure le due grandi statue dei personaggi inginocchiati di fronte a loro, probabilmente Francesco Porrini e la moglie Polissena, la coppia di committenti. A destare interesse è piuttosto una figura apparentemente marginale, ma in realtà così importante da dare il popolare nome al complesso scultoreo: la piccola serva o “fantesca” che in piedi, gonfiando le guance, soffia sul cucchiaio per raffreddare la pappa da porgere al piccolo Gesù.

Alla fine è proprio lei, con il suo gesto tenero, a definire questa scena, che altrimenti si chiamerebbe semplicemente Natività o Madonna con Bambino, come migliaia di tante altre opere d’arte, o verrebbe identificata come Presepe Porrini, appellativo più diffuso tra gli studiosi.

In una visita alla cripta del Duomo, ormai molti anni fa, la guida invitò i presenti a guardare attentamente il volto di questa donna, facendovi notare qualche tratto fisionomico delle persone portatrici della “trisomia 21”, più nota come “sindrome di Down”. E’ possibile che il Mazzoni abbia effettivamente ritratto una scena domestica autentica, riproducendola sulla terracotta, e che dunque una cameriera disabile fosse al servizio della famiglia Porrini: in ogni caso, è proprio questa donna che soffia sul cucchiaio, dai lineamenti così marcati, a rendere originale e preziosa quest’opera.
Ed è lei a sfamare il piccolo Gesù.
Fin da quando ero giovane, un’amica immobile in sedia a rotelle, ora nella casa del Padre, mi insegnò a misurare la realtà con criteri diversi rispetto a quelli esteriori del successo, delle ricchezze o dell’attrazione estetica. Lei diceva che nessuno è “disabile”, ma che umanamente siamo tutti “diversamente abili” e che per il Signore siamo invece tutti “immensamente abili”. Aveva ragione. Il mistero del Natale è la prova di quanto siamo preziosi agli occhi di Dio (cf. Isaia 43,4), che ci abilita al punto da renderci degni di ospitare suo Figlio nella nostra natura umana. E nello stesso tempo il Natale è la prova di quanto siamo inabili ad accoglierlo, tenendolo fuori dalle nostre case e riservandogli solo una stalla (cf. Luca 2,7), profetizzando così la sua espulsione dalla città per crocifiggerlo. La storia umana, cronaca compresa, documenta innumerevoli tentativi di rifiuto e respingimento di piccoli, fragili e poveri. Le violenze contro la vita e la dignità umana, le guerre e le ingiustizie, commesse da poche persone inabili all’accoglienza, privano tanti fratelli e sorelle del necessario per vivere, della libertà e spesso anche dell’esistenza. La vera e profonda disabilità è l’egoismo, che alimenta gli idoli del potere, del successo, del denaro e del piacere: l’egoismo disabilita il cuore.
La fantesca del Mazzoni, personaggio minore, e probabilmente disabile secondo i metri umani, raffreddando la pappa nutre Gesù: nella quotidianità del suo gesto si concentrano tutti i gesti di affetto, i sorrisi e gli abbracci attraverso i quali le persone disabili danno energia a chi, definito “normodotato”, troppe volte disabilita il cuore, facendosi mangiare dai ritmi di giornate concitate, dalla ricerca affannosa di traguardi, dalla competizione per stare a galla, per emergere o eliminare l’altro. La cura di gesti piccoli ma intensi, il richiamo alla fedeltà nell’amicizia, la spinta a distinguere l’essenziale dal superfluo… sono tutti insegnamenti che ci regalano le persone ritenute disabili, ma capaci in realtà di abilitare il cuore.
L’augurio per questo Natale 2024, inizio del Giubileo della speranza, è di metterci nei panni del bimbo Gesù nel presepe del Mazzoni: lasciandoci nutrire, con semplicità, da chi appare marginale e svantaggiato, ma ci porge con tenerezza il cibo dell’amore.
+ Monsignor Erio Castellucci

Redazione Pressa
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