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I nodi di un fallimento trentennale nel mancato adeguamento, nella mancata manutenzione e nel mancato potenziamento del reticolo idraulico e delle grandi infrastrutture a difesa del territorio, tra cui le casse di espansione, dell'Emilia-Romagna, ed in particolare della provincia di Modena, vengono al pettine. Nuovamente. Ormai sempre più frequentemente. Evidenziati dallo stato di ormai costante allerta. In questa ore, quella rossa per Bologna e la Romagna, e arancione per l'Emilia Centrale. Per due giorni previsti di pioggia di intensità regolare, non straordinaria, e capace di spalmare una seppur importante, ma non eccezionale quantità, nell'arco di 48 - 72 ore. Eventi normali, che non avrebbero fatto cronaca, e generato allarme, fino ad una ventina di anni fa, ma che oggi segnano sempre più spesso quello che è un punto critico. Non ambientale, non climatico, ma politico.
Legato alla grave, gravissima responsabilità di istituzioni pubbliche che per oltre 30 anni, in una continuità di governo, nonostante le criticità e i rischi che la scienza idraulica, di cui l'Università di Modena è centro di eccellenza, già evidenziava negli anni '80, hanno ignorato negli atti e nei fatti.
Fino almeno al 2014, anno della prima delle due alluvioni (la seconda negli ultimi 10 anni è del 2020), che hanno colpito la provincia di Modena. Con il duo Bonaccini-Muzzarelli al governo di Regione e Comune. Due alluvioni, per la sola provincia di Modena. Seguita da quella devastante della Romagna.
Anno che segnò l'inizio di una svolta nell'azione delle amministrazioni pubbliche che, come risvegliate da un lungo letargo e dal richiamo dei soldi stanziati per l'emergenza, iniziarono a mettere mano, con interventi importanti ma pur sempre tampone e non strutturali.
Tra questi l'adeguamento delle arginature sul fiume Secchia per uniformarle ad un livello di sicurezza quantomeno per piene piccole da Ponte Alto a San Matteo e da lì fino alla bassa, solo per fare un esempio. Ma nessuna opera strutturale, ovvero capace di migliorare, sul lungo periodo, la sicurezza idraulica, come quelle che in via prioritaria dovevano e potevano essere portate avanti sul bacino del fiume Secchia ed in particolare sulle casse di espansione, da decenni dichiarate inadeguate per gestire e laminare piene superiori ad un Tempo di Ritorno 20 anni, praticamente piene piccole.
Casse di espansione alle quali si è messo mano, se parliamo di interventi strutturali che nella migliore delle ipotesi hanno tempi di realizzazione di circa 6 anni, solo negli ultimi mesi, ma partendo malissimo. Con un disboscamento tra l'altro sbagliato nelle quantità, che nulla centra direttamente con la sicurezza idraulica, ma costituisce soltanto un elemento collaterale e preliminare alla necessità di rimuovere il sedime accumulato nel bacino in linea. Elemento che a sua volta costituisce solo uno dei punti di uno dei 3 lotti che nel loro insieme, nel corso dei prossimi sei anni almeno, dovrebbe portare ad un potenziamento significativo della capacità di laminazione nella cassa.
Detta in altre parole, allo stato attuale la cassa di espansione del fiume, a causa del decennale nulla di fatto, è e continuerà ad essere inadeguata alla protezione del territorio, compreso ovviamente la città di Modena, anche rispetto a piene appena superiori in portata o in tempi di quelle che abbiamo registrato e vissuto nel 2009, nel 2017, nel 2020, nel 2022. Piene piccole ma che proprio per l'inadeguatezza del sistema hanno generato stati di continua allerta. E questo perché i limiti evidenziati da 30 anni dagli ingegneri idraulici, e le prospettive per superarli, quei limiti, sono rimasti lettera morta nei cassetti. Quei cassetti che lo stesso Assessore Priolo (l'ultima a prendere in mano una eredità pesantissima di cose non fatte a livello provinciale e regionale), sembrerebbe avere trovato vuoti di quei progetti di ampio respiro per l'adeguamento delle casse a piene centenarie e, punto di equilibrio ideale TR200, che avrebbero consentito di accedere ai fondi PNRR. Danno nel danno. Perchè oltre alla mancata manutenzione, il disimpegno politico del governo della Regione su questo fronte ha portato la Regione stessa ad essere impreparata ed impossibilitata a cogliere le opportunità legata al PNRR. Limitato oggi non a caso a finanziare, per la cassa di espansione del Secchia, la sua potenziale e parziale funzione di bacino irriguo, che nulla ha a che fare con la sicurezza idraulica.
Progetti non elaborati o non realizzati previsti anche per molti reticoli e nodi idraulici della Romagna che se fossero stati realizzati forse avrebbero, come ha indicato indirettamente una illuminante conferenza pubblica (replicata a Modena ed in Romagna), del Professor Stefano Orlandini di Unimore, se non evitato quanto meno limitato i danni. Ad un minor numero di bacini e territori.
Una realtà, anzi una verità, che non è mai emersa, nemmeno nella relazione conclusiva sugli eventi della Romagna, commissionata dalla Regione e che non considerò quegli aspetti legati all'inadeguatezza del territorio sul quale quella grande quantità di acqua è caduta e che i docenti Unimore avevano evidenziato. Verità che non è mai trapelata nei comunicati ufficiali della Regione,. Realtà di fatti (e soprattutto non fatti) capace di evidenziare come il problema non sia, o meglio non sia solo, il numero sempre più ristretto e concentrato, di precipitazioni, anche abbondanti (memorabili i 4,5 miliardi di metri cubi di acqua caduta in Romagna citati come un mantra da Bonaccini smentito dagli 800.000 metri cubi di acqua calcolati dagli scienziati Unimore), ma come queste impattano sul territorio, come diretta conseguenza dello stato di manutenzione del territorio stesso e del nodo idraulico. Territorio che in termini di manutenzione degli alvei e avanzamento di opere idrauliche, in Romagna non era certo in condizioni ideali. Così come continua a non esserlo a Modena. Nonostante chilometri di relazione ne descrivano le criticità.
Ed è così che come succede (facendo un paragone azzardato), con le strade piene di buche, dove anziché fare manutenzione vengono posti i cartelli per limitare la velocità e la soglia di pericolo, ai 30 all'ora, così, di fronte ad un territorio e ad un nodo idraulico non mantenuto e non adeguato, anziché procedere con manutenzione e con grandi opere si abbassa la soglia di allerta, con la conseguenza di portare il livello di normale, nella media (come lo sono le piogge di questi giorni per il periodo), a livello di eccezionale, di allerta, di emergenza, che politicamente rende anche di più.
In politica, infatti, paga più la riduzione del danno che la prevenzione. Perché consente a chi governa di dire, (come ha più volte fatto l'ex sindaco Muzzarelli in consiglio comunale anche dopo il passaggio di piene piccole o piccolissime), di avere agito con forza e fermezza di fronte all'emergenza e, un domani, di avere evitato il disastro e gli effetti di un nuovo evento straordinario (che straordinario non è), dovuto al cambiamento climatico (che in questo caso è solo il cambio di stagione). Pioggia, due giorni di pioggia. Che oggi fanno chiudere le scuole, e obbligano ad andare ai piani alti, e che ieri ci avrebbero a malapena fatto chiudere la finestra.
Gianni Galeotti
Gianni Galeotti
Nato a Modena nel 1969, svolge la professione di giornalista dal 1995. E’ stato direttore di Telemodena, giornalista radiofonico (Modena Radio City, corrispondente Radio 24) e consiglie.. Continua >>