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Da una parte l'amministrazione modenese che a fine settembre aveva puntato i piedi chiedendo un piano industriale di rilancio a Seta, dall'altra Seta che dopo quasi un mese presenta questo piano di rilancio (o meglio ne fa uscire informalmente una bozza) nel quale di rilancio non vi è assolutamente nulla. A partire dall'impossibilità dichiarata dai vertici della Spa di garantire una retribuzione adeguata agli autisti, con conseguente impossibilità di nuove assunzioni, a meno che non si creda davvero nell'efficacia del piano-autisti filippini.
Uno schema abbastanza scontato per essere realistico. Il trasporto pubblico locale rappresenta un punto centrale per le politiche di un' amministrazione, sia dal punto di vista pratico (si pensi per esempio al trasporto scolastico), sia da quello economico (si pensi alle risorse pubbliche investite), sia da quello puramente simbolico (si pensi alle tanto sbandierate politiche green).
Considerata tale centralità il teatrino del poliziotto buono, in questo caso la giunta modenese, e del poliziotto cattivo, Seta, credo vada smontato. Il Comune di Modena ha una responsabilità diretta nella gestione dell'azienda, non solo perché possiede l'11% delle azioni e insieme agli altri enti locali modenesi è il socio pubblico di maggioranza con oltre il 25%, ma anche perché nei fatti è stato proprio il Comune ad individuarne il presidente nella figura dell'ex consigliere comunale Pd Alberto Cirelli. Ecco allora che il chiamarsi fuori, puntare il dito contro la governance fingendo di essere una sorta di arbitro della partita, suona davvero stonato.
La sfida nascosta che sottende alla crisi di Seta e al tira e molla col Comune di Modena, preoccupato di salvare la faccia coi cittadini, è tutta nella possibile fusione in Tper alla quale si lavora da decenni.
Il gioco sta tutto in questa dinamica: ridurre Seta ai minimi termini, far passare l'idea che l'azienda di trasporto pubblico, guidata a maggioranza da Modena, Reggio e Piacenza, non è più in grado di reggersi e, a quel punto, raccontare a tutti di essere costretti a cedere alle lusinghe di Tper. Uno schema che sta vivendo l’ultimo capitolo, come dimostrano le dichiarazioni per la prima volta esplicite sulla necessità di fusione rilasciate da alcuni esponenti del Pd come Luca Sabattini con le quali si vorrebbe far passare l'idea di un passaggio migliorativo, e che viceversa ha due conseguenze negative per i modenesi.
La prima conseguenza negativa è sul lungo periodo ed è rappresentata dalla creazione di un grande unico carrozzone con perdita totale di potere politico e di indirizzo di Modena sulle scelte aziendali (l'idea di andare a gara e scegliere un altro gestore è solo fumo negli occhi). La seconda conseguenza ha riflessi immediati e già visibili: la decadenza totale del servizio a discapito delle legittime richieste di cittadini e famiglie, che peraltro pagano cifre importanti per abbonamenti che funzionano due giorni su tre.
Questo scenario è ben chiaro al Comune di Modena e nella commedia delle parti ognuno ha il suo ruolo. Al sindaco Mezzetti e all'assessore Zanca il compito di fare gli offesi, gli scandalizzati e a Luca Sabattini, consigliere regionale Pd e voce del partito sul territorio, il mandato di far già passare la fusione come una conquista in virtù della sintesi, ben orchestrata, con Reggio e Piacenza. Maschere indossate a tavolino alle quali non crede più nessuno.
Cinzia Franchini - presidente Ruote Libere
Cinzia Franchini
E' imprenditrice artigiana nel settore del trasporto di merci conto terzi ed è consulente per la sicurezza dei trasporti di merici pericolose su strada.
E' stata per sei anni presi.. Continua >>