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Non é un problema solo locale, ma é su quanto capita a Modena che mi interessa soffermarmi. Da qualche tempo mi chiedo sempre più spesso se sia giusta o meno la critica, talvolta, purtroppo, anche insolente, che coloro che amministrano la cosa pubblica rivolgono a coloro che, pur senza far parte di quella cerchia, ritengono legittimo il loro diritto-dovere di manifestare pubblicamente, sia da singoli battitori liberi sia se raggruppati in associazioni o comitati, le loro opinioni, i loro suggerimenti e le loro critiche nei confronti delle azioni che vengono operate da chi li amministra.
A mio avviso, si tratta di un argomento delicato, complesso ma certo non più trascurabile all'interno dell'attuale dibattito politico che, sempre più, vede affermarsi, da un lato, la propensione della nostra classe politica dirigente ad uno spiccato decisionismo esasperato in chiave efficientistica e, dall'atro, ad un'idea di democrazia digitale (peraltro oggi apparentemente vincente) che però vive di piccolissimi numeri.
Quando tale diritto-dovere viene esercitato privo di pregiudizialità e di scelte di campo già predefinite, che, ovviamente, ne snaturano l'autenticità civica, questo argomento tocca temi quali 'la democrazia partecipativa' ed il modo in cui quest'ultima può integrarsi con quella 'rappresentativa' oggi vigente, ma non più vincente e convincente.
Credo che ormai tutti, anche se taluni lo hanno fatto col mal di pancia, abbiano accettato l'idea che l'agire politico non può limitarsi ad essere esercitato da una schiera ristretta di professionisti (peraltro sovente de-legittimati) e che i Cittadini, laddove lo ritengano opportuno, non debbano più limitarsi ad agire politicamente una sola volta ogni quinquennio, il giorno della competizione elettorale, esprimendo una preferenza (senza preferenze di candidati).
Inoltre, è ormai più che evidente che il dibattito politico, principalmente quando ha a che fare con la quotidianità, oppure con le progettualità che più di altre vanno ad incidere nella vita di tutti, sia economicamente, che urbanisticamente, che ambientalmente, che culturalmente, che per il welfare, non puó più essere confinato nelle sedi dei partiti, dove oggi é assai difficile che possa avvenire, bensì si svolge di fatto in contesti più o meno organizzati della società civile e fiananco sui social.
Beninteso che ciò puó non piacere a chi intende l'esercizio del potere amministrativo come un impegno che non ammette intromissioni, cui piacerebbe che il contributo valutativo del loro operato, specie se dissidente, potesse essere contenuto nel ristretto ambito del dibattito partitico, che avviene all'interno di organismi rappresentativi (vedi i consigli comunali) che, a seguito di norme elettorali più o meno recenti, hanno contribuito a rendere pressoché privo di efficacia il dibattito al loro interno. Evidentemente, a costoro non piace e vedono con fastidio ed antipatia l'esistenza di spazi-luoghi dove il loro agire viene valutato con la libertà della non-appartenenza ad alcun schieramento, se non a quello del confronto aperto per un comune impegno per promuovere un benessere civico per tutti.
In successione, infatti, in ordine cronologico, più o meno intenzionalmente e più o meno consapevolmente, la nostra amministrazione ha decretato la morte delle Commissioni tematiche di Esperti, delle Consulte delle Associazioni, delle Circoscrizioni ed dei Quartieri, anziché trovare i modi e studiare gli strumenti utili ad eliminarne i difetti, le colpe, le inefficace, si é deciso di lasciarle morire, senza prevedere (anzi) la possibilità di una loro ri-generazione. Sta di fatto che oggi, alle porte dei nostri amministratori potrebbe tranquillamente essere apposto il cartello che si trovava sugli autobus... 'é vietato disturbare il manovratore'.
Qualcuno puó avere pensato e creduto che ciò sia stato un passo in avanti, che ha rimosso ostacoli sgraditi che avrebbero rallentato l'esecutività delle loro scelte, ma, di fatto, quest'ultimi non si sono accorti che, così facendo, hanno rinunciato ad un contributo 'enorme' di competenze, di capacità, di energie, di risorse e di 'saperi diffusi' che appartengono alla nostra Comunità.
E se ne vedono gli esiti: pur senza volersi accanire, guardando alle scelte che sono state compiute da almeno un decennio in qua, non ne appaiono molte che hanno raggiunto gli scopi e gli obiettivi prefissati: probabilmente, anche se non ne potremo mai avere le prove, se fossero stati ascoltati (si badi bene, solo ascoltati) molti soggetti per tipologia d'intervento, senza limitarsi a quei pochi 'portatori di specifici interessi' (peraltro poi andati male) non sarebbe mai nato il MEF e non dovremmo ancora sopportarne i debiti, il recupero dell'ex-manifattura avrebbe potuto essere funzionale per la sede universitaria e non per fallire clamorosamente com'è oggi, non si sarebbero edificati i manufatti di cemento nel Parco della Rimembranza, non avremmo ceduto alla realizzazione dell'inutile Novi Park, forse avremmo un Centro Design al posto delle cadenti Ex-Fonderie, non avremmo buttato via fior di quattrini coi progetti Botta per le nostre Piazze, forse l'ex-Amcm, senza parcheggi sotterranei, senza palazzoni di dieci piani, senza supermarket (ammazza Albinelli) oggi ospiterebbe già un Teatro e tant'altro, forse anche il Complesso Sant'Agostino, senza le torri di vetro, puntigliosamente volute per poi essere negate, vedrebbe già aperti diversi cantieri, edili e culturali, non si sarebbe perso tempo per illuderc' per una Città dai duecentocinquantamila abitanti, con tanto lavoro per le cooperative, ma non si sa per i nuovi abitanti, la mobilità, anziché costruire discutibili ciclabili, avrebbe potuto (almeno) cominciare ad orientarsi per diventare sostenibile, eliminando molti illegittimi ZTL, sostenendo il traffico elettrico, creando le zone 30, incentivando il TPL. Ci saremmo potuti evitare la 'sbronza' di expo-modenese ed i debiti del Palatipico e non vado oltre.
C'é stato, in realtà, chi all'epoca, di volta in volta, ha 'detto qualcosa', ma, sempre di volta in volta, è stato fatto oggetto di critiche, ma non di merito (almeno a quanto mi risulta) bensì generalizzate: di essere disfattista, complottista, retrogrado, antiquato e, ancor peggio, volutamente catastrofico: laddove, e spesso, non era possibile collegare le critiche manifestate a pregiudiziali ragioni di opportunismo di partito, si é adottata la scelta di considerarle come naturale frutto di rimpianti di un passato che non sarebbe più potuto tornare e quindi liquidarle come manifestazioni di desiderio di un passato ormai impercorribile.
Come può cambiare questa situazione che, a quanto pare, non giova ad alcuno?
Giovanni Finali