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L'Ago (spina) del Sant'Agostino

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Altra cosa che merita attenzione è il mantenimento dello spazio espositivo privato del Mata, che dalla fallimentare Quadrifoglio Spa è passato alla Cdp


L'Ago (spina) del Sant'Agostino
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Non si rischia certo la noia con la vicenda del Sant’Agostino, una autentica ‘perla’ la richiesta di Felicori, direttore culturale di AGO di contributi agli elettori a sostegno della sua corsa per il Consiglio Regionale che si tramuterà nella auspicata e preventivata casella di assessore alla cultura. Per dedicarsi alla campagna elettorale ha chiesto l’aspettativa, ma si è detto fiducioso e desideroso di riuscire a mantenere comunque l’incarico prestigioso suggerendo un alleggerimento anche se venisse eletto. La Fondazione di Modena non ha commentato il fatto, ma pare molto improbabile che il Presidente Cavicchioli possa accontentarsi di una presenza ancora più ridotta,in caso di una sua elezione in regione, visto che Felicori presiede anche la Fondazione Ravello. Evidentemente il signor Felicori è dotato di poteri straordinari, se pensa di essere all’altezza e contemporaneamente svolgere con tutto il dovuto e rispettoso impegno che richiedono gli incarichi che lo vedono protagonista.

Ma prima ancora che possa forse andare bene in Fondazione un direttore per Ago meno che part time, non può assolutamente andare bene per la città!

Sul Sant’Agostino pesano già diversi passi falsi e gravano come macigni gli anni e sono tanti persi nel vano e doppio tentativo di realizzare un progetto edilizio sbagliato adottando delle scorciatoie e puntualmente bocciato. Sul fronte del progetto culturale da soli non si è cavato un ragno dal buco,in aiuto è arrivata la società civile, e come se ciò non bastasse,purtroppo sono state scelte persone non proprio idonee per ruoli significativi, cosa da noi già segnalato da tempo,come Paolo Verri e Diana Baldon,ovvio che si rispetta il fare di Felicori, ma che faccia ben sperare per il futuro è fuori discussione.

Gli echi recenti della cronaca di costume, ci portano a fare un riepilogo sulla vicenda del S.

Agostino.

Sparito dall’agenda politica dopo la bocciatura della Sovrintendenza nel maggio scorso,sul progetto strategico per il futuro della città è calato il silenzio,  che vede coinvolti i maggiori istituti culturali civici e statali, per le dimensioni e per l’investimento dichiarato: 120 milioni di euro. Autorizzate solo le demolizioni riguardanti il locale adibito a Pronto soccorso e delle superfettazioni. L’intero corpo di fabbrica dell’ex ospedale, va recuperato secondo i criteri di tutela dettati dal Codice dei Beni culturali, ciò significa rifare buona parte del progetto. Queste le prescrizioni della Sovrintendenza, e la Fondazione di Modena ex Crmo (proprietario) ha deciso di procedere per stralci, soluzione già ipotizzata anni fa e poi non realizzata, si attende il responso inerente la parte edilizia che ospitano i Musei universitari. Questo lo stato dell’arte sul progetto edilizio e recupero architettonico, e sono passati una quindicina d’anni dal suo inizio.

Speriamo facciano tesoro degli errori commessi, e intrapreso finalmente il corretto percorso inteso a restituire alla città tutta, con nuove funzioni culturali, il vecchio ospedale restaurato nel rispetto delle leggi vigenti. Dovrebbe fare da cabina di regia per tutto il ricco e diversificato patrimonio sia civico che statale, che abbiamo la fortuna di avere ereditato.

Persi purtroppo anni preziosi, e il cambio di rotta poteva ben essere adottato già all’indomani della prima bocciatura a seguito del ricorso al TAR promosso dall’associazione Italia Nostra, sanzionato come illegittimo il progetto con le Lame librarie targate Aulenti.

Con la sua azione ha impedito l’edificazione delle torri vetrate della Aulenti, dei magazzini verticali automatizzati per i libri della Biblioteca Estense. Un inutile automatismo faraonico oltre che dispendioso per movimentare pochi libri al giorno data la scarsissima utenza che frequenta la biblioteca, e conseguente decisione della Bagnoli direttrice delle Gallerie Estensi di chiudere la sala lettura al piano terra del Palazzo dei Musei, trasformata in sala mostra per poter meglio esporre parte delle collezioni chiuse nei depositi.

Doppiamente superflui alla luce delle novità sopraggiunte nel tempo, il progetto diventa doppio, si allarga al Palazzo dei Musei e all’ex ospedale Estense, partito da poco il cantiere per le opere previste per ricomporre l’unità del corpo di fabbrica settecentesco, un tempo Grande Albergo delle Arti. Tutto per il meglio si direbbe, ma rimane incompatibile la presenza del presidio sanitario che sottrae un migliaio di metri quadri per le esigenze museali. Gli istituti culturali in affanno si allargheranno negli spazi retrostanti dell’ex Estense. Tramontata infine l’ipotesi del trasloco e divisione in due tronconi della Biblioteca Estense, resta tutta dove risiede, nel Palazzo dei Musei. Il futuro, anzi il presente già in corso d’opera è la digitalizzazione del patrimonio librario e documentale. Il connubio tra sapere umanistico e scientifico con il supporto delle nuove discipline informatiche, si traduce nell’applicazione delle Digital Humanities (DH). Ciò consente una ri-lettura e ri-scoperta di patrimoni e del “sapere” non più soltanto per studiosi e ricercatori, diventando accessibile a tutti indistintamente e ovunque nel mondo.

Il Sant’Agostino, non più mero contenitore sterile per la Biblioteca Poletti e per l’Estense, ospiterà la Fondazione Fotografia, Galleria Civica e Museo della Figurina confluiti nella Fondazione MAV, gli spazi liberati dai due ex istituti civici al Palazzo Santa Margherita,consentirà l’espansione della Biblioteca Delfini.

Sono già attivi nelle ‘Tenaglie’ del Sant’Agostino i laboratori del FEM, Future Education Modena, e quelli delle DH. Una bella evoluzione senza dubbio, vediamo concretizzarsi dei contenuti, assenti fino a ieri l’altro.

Sul progetto la luce critica e propositiva non si è mai spenta, istanze sono arrivate da semplici cittadini e da associazioni autorevoli. Va sottolineato il grande apporto arrivato dagli “Amici del S.Agostino “ per l’avvio del progetto culturale, loro la proposta della digitalizzazione coniugata con le digitalhumanities.

E va anche ricordato che già nel gennaio 2006 “Italia Nostra”, a seguito della dismissione dei servizi ospedalieri dell’ex Estense,confluiti nel nuovo ospedale di Baggiovara, lanciò un appello agli Amministratori comunali: “Ai Musei l’intera fabbrica del Grande Albergo delle Arti”. Appello condiviso da Accademia nazionale di scienze lettere e arti di Modena, Deputazione di storia patria delle antiche province modenesi, Consiglio del corso di laurea in scienze dei beni culturali della nostra Università. Sempre la benemerita associazione suggeriva poco tempo dopo il trasferimento della Galleria Civica e del Museo della Figurina dal Palazzo S.Margherita al Sant’Agostino, in modo da consentire alla Biblioteca Delfini tutto l’agio necessario per diventare la biblioteca di città.

Proposte alle quali da parte dell’amministrazione non ci fu risposta, ma che sono state adottate work in progress facendole passare per proprie.

In differenti latitudini, i beneficiari oltre a ringraziare pubblicamente le due associazioni per i contributi offerti, avrebbero già avviato con esse una proficua collaborazione.

Ma che aria tira tra i vari attori del doppio progetto?

L’impressione è che ognuno curi il proprio orticello.

La Bagnoli con le Gallerie estensi balla da sola e ripropone soggetti già indagati debitamente in passato dalle precedenti direzioni,come la prossima mostra su Henry Fox Talbot e Giovanni Battista Amici, concedendosi delle incursioni in territori altri che risultano essere come il cavolo a merenda con l’istituzione museale che dirige, ovvero la mostra preconfezionata di riproduzioni omologate appese al chiodo di McCurry. Una operazione spuria, tenuto conto che Modena è culla di artisti internazionali, che abbiamo una storia consolidata per quanto riguarda l’arte fotografica , oltre ad avere un istituto specifico del settore come la Fondazione MAV, e la direttrice è consigliere in quel Cda.

L’UNIMORE ha i suoi musei e il Teatro anatomico. Ed è in prima fila con alcuni dipartimenti nel progetto delle digital humanities.

La Fondazione di Modena (ex cassa di risparmio) è il patrocinatore del FEM e del progetto di digitalizzazione. Fino a quando potrà farlo? Chiaro che occorrono da subito altri finanziatori, pubblici e privati. Il FEM offre laboratori educativi e formativi ad alto contenuto innovativo e tecnologico per tutte le fasce d’età. Si ha la netta sensazione che sia una specie di doppione per il sistema complesso e molto valido della offerta pubblica presente sul territorio, dal quale in parte il FEM sottrae capacità, visibilità e utenza (Memo, DIDA, il sistema bibliotecario e di altre istituzioni cittadine). I format presentati sono molto attrattivi e di alta qualità ma paiono strutturati in maniera tale da poter essere somministrati nella stessa misura a Modena oppure a Canicattì.

Il Comune è il grande assente, sia sul versante economico ma soprattutto sul piano della progettualità culturale e governance nonostante la prerogativa politica.

Gli istituti civici fanno veramente miracoli sul piano delle proposte, sempre di alto livello, tenuto poi conto del magro bilancio di cui dispongono.

La Fondazione MAV nata dalla fusione a freddo della Galleria civica, Museo della Figurina e Fondazione Fotografia, sostanzialmente una operazione di economia di scala e di privatizzazione degli istituti civici, funzionale pare per mantenere lo status quo del progetto edilizio, che è stato di nuovo bocciato. Il nuovo assetto non ha ancora prodotto l’auspicato reciproco potenziamento e l’ente non ha conquistato una maggiore visibilità, in verità si riscontra un deciso indebolimento. La Galleria Civica è stata del tutto azzerata. Quell’ala del Palazzo Santa Margherita da luogo familiare è diventato estraneo.Tra l’altro il Museo della Figurina un unicum , nato a seguito del lascito di Giuseppe Panini al Comune, è stato declassato a “Sala figurine”, così recita la segnaletica, un colpo da grandi maestri questo messo a segno dalla Fondazione Modena Arti Visive.

È partita male la famosa confluenza, a due anni dalla sua nascita è inevitabile fare un bilancio, che è presto fatto. Non si rilevano al momento risultati positivi, neppure qualche fugace ombra, un completo disastro, la gestione dalla Danimarca in differita della Baldon ,che non ha centrato il primario obiettivo a seguito della fusione che era quello di “indicare le linee” con lo scopo di eplicitare il significato dell’unificazione dei tre istituti dalle storie diverse confluiti nel nuovo ente,  e perseguire l’azione  < di rafforzarne le identità, nonché tutelare e aumentare la visibilità dei loro patrimoni collezionistici affidatole >.  La Baldon dopo un anno è stata elegantemente sostituita con il più ”dialogante ” oltre che più competente direttore Pittéri. Il quale nonostante l’attuale bel programma espositivo e di elevata qualità , assolutamente da vedere “ Cast off “ di Yael Bartana e “Requiem for Pompei “ di kenro Izu, ( queste non sono esposizioni affittate ) ha tanto terreno perso da recuperare, almeno fosse coadiuvato da un diverso Cda,  che non  brilla e in tutta sincerità siamo convinti che vada totalmente rinnovato.

Altra cosa che merita attenzione è il mantenimento dello spazio espositivo privato del Mata, che dalla fallimentare Quadrifoglio Spa è passato alla Cassa Depositi e prestiti. Perché sciupare una parte delle  esigue risorse per la cultura per la sua pigione quando le sedi espositive pubbliche non mancano? Alle quali si è aggiunto lo spazio del Laboratorio Aperto dell’ex Centrale Aem , e avremo presto per queste iniziative pure il ripristinato ex Diurno di Piazza Mazzini.

La pausa elettorale di Felicori, un fulmine a ciel sereno, sicuramente ha scompaginato il debole assetto del circuito virtuoso che a piccoli passi si cerca di mettere a sistema, è ancora lontana e stenta a materializzarsi quella logica e coesa collaborazione tra i vari protagonisti del condominio, tra l’altro necessaria per riuscire a realizzare un progetto così ambizioso rivolto al miglioramento e alla crescita culturale, sociale e anche economica della città. 

Possediamo un sistema complesso e intrecciato di patrimoni ereditati, straordinari nelle dimensioni, nella bellezza, nelle potenzialità come pure nelle criticità. Importanti strumenti iconici per lo sviluppo territoriale in chiave culturale, e dei validi attrattori turistici, l’obiettivo da raggiungere è metterli in relazione. 

Un piccolo e buon esempio tangibile che è possibile mettere a segno questo obiettivo, creando dei nuovi percorsi mescolando il patrimonio di diversa provenienza l’abbiamo riscontrato con la mostra “Passioni” emozioni e sentimenti fra ‘800 e ‘900 presso il Laboratorio Aperto AEM, che si è appena chiusa. Le opere provenienti dalle collezioni dei Musei civici di Modena, dalla Galleria Estense, e dalla collezione di Assicoop Modena & Ferrara, il risultato dell’insieme è stato il classico “l’unione fa la forza” oltre ad essere molto coinvolgente sul piano emotivo, l’allestimento ideato da Fausto Ferri è stato capace di rendere parlante e caldo il freddo edificio dell’ex centrale.

Tutto ancora è in continua evoluzione, e quindi le novità come gli aggiustamenti non mancheranno. Un sincero augurio di un buon 2020 e di un proficuo lavoro per tutti coloro che a vario titolo sono impegnati nel Sant’Agostino.

Franca Giordano


Redazione Pressa
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