Da anni Lapressa.it offre una informazione libera e indipendente ai suoi lettori senza nessun tipo di contributo pubblico. La pubblicità dei privati copre parte dei costi, ma non è sufficiente.
Per questo chiediamo a chi quotidianamente ci legge, e ci segue, di darci, se crede, un contributo in base alle proprie possibilità. Anche un piccolo sostegno, moltiplicato per le decine di migliaia di
modenesi ed emiliano-romagnoli che ci leggono quotidianamente, è fondamentale.
Un decreto del Gup del Tribunale di Modena depositato il 5 marzo riconosce come l’esponente del Movimento 5 Stelle, oggi sottosegretario alla Giustizia, Vittorio Ferraresi, nel 2015 gettò discredito su una giornalista modenese. Ma il 131 bis del codice penale sulla non punibilità, votato dall’ultimo Parlamento a marzo 2015, risparmia la pena al sottosegretario.
Nel 2015 una giornalista modenese, Antonella Cardone (foto sotto, direttore del quotidiano sulpanaro.net), fu oggetto dello shit storm da parte di diversi esponenti politici del Movimento 5 Stelle. In gruppo arrivavano sui social a denigrare e insultare la cronista, si alternavano nella presenza su Facebook per fare la massima pressione continuativa in modo da intimidire. Era una pratica che, oggi come allora, era ampiamente usata contro i giornalisti. Il caso di Modena non è isolato. A Rimini fece lo stesso la parlamentare grillina Giulia Sarti, finita in Tribunale e condannata.
Torniamo al caso Ferraresi. A non essere gradito era stato un articolo in cui si dava conto delle critiche apparse, dopo le elezioni amministrative, su Facebook nei confronti di quei cittadini della Bassa che avevano evidentemente votato Pd nonostante la donazione portata da Beppe Grillo al Comune di Mirandola. “Mirandolesi vaff… il terremoto ve lo siete meritato”. Il caso divenne di portata nazionale.
La cronista modenese diventò “subito bersaglio di commenti pesanti e offensivi da parte di importanti esponenti del Movimento Cinque Stelle i quali, peraltro, hanno ritenuto di darne enorme diffusione, attuando così una vera e propria campagna diffamatoria” ricostruisce la giornalista nella sua denuncia.
In particolare in un comunicato a firma dell’onorevole Vittorio Ferraresi, controfirmato dal suo collaboratore Carlo Valmori e mandato a tutte le testate giornalistiche e ai singoli giornalisti modenesi vennero usati “espressioni e un tono vistosamente offensivo: non solo si dà per scontata, invero, la faziosità politica del giornale, ma si definiscono anche “vergognoso” il lavoro della giornalista e “spazzatura” le sue notizie”, si legge ancora nella denuncia.
Un successivo comunicato stampa parlava di “Sciacallaggio”. I comunicati, postati sulla pagina Facebook di Ferraresi “hanno ovviamente suscitato una serie di commenti negativi sulla cronista, anch’essi ulteriormente divulgati attraverso la rete, e continuavano a essere pubblicati a cadenze regolari e con modalità tali da garantirne la massima diffusione possibile. Questa attività diffamatoria e minacciosa - aggiunge la giornalista nella denuncia - fu portata avanti con metodicità e regolarità per diversi giorni”.
La denuncia fu presa in carico dalla Procura di Modena che ascoltò i testimoni e le persone coinvolte, ricostruendo l’accaduto. Il Pubblico Ministero rileva è stato commesso il reato di diffamazione da parte dell’onorevole Ferraresi e del suo collaboratore. Nel frattempo il Parlamento ha approvato l’articolo 131 bis che valuta che in casi non ripetuti e di lieve entità il giudice possa dichiarare il fatto non punibile penalmente. E' questo il caso.
Per questo motivo il Pubblico Ministero, pur riconoscendo la presenza di attività di rilevanza penale per Ferraresi e per Valmori, chiede l’archiviazione ex articolo 131 bis del codice penale.
Ferraresi si oppone, vuole una assoluzione.
Il 4 marzo scorso davanti al Gup Malavasi si è discussa l’opposizione di Ferraresi alla richiesta di archiviazione. L’indagato ha presentato le sue ragioni, ma non sono state accolte dal Gup che ritiene “inopportuni ulteriori accertamenti al fine di addivenire alla archiviazione del procedimento con formula piena”.
Il giudice scrive nell’atto che la giornalista ha “legittimamente esercitato il suo diritto di cronaca” e che invece “la replica del parlamentare Ferraresi non ha rispettato i limiti imposti dalla legge (…) Si è venuto a configurare un abuso di diritto. Infatti la replica al post della giornalista - si legge nel decreto del Gup - poteva arrestarsi alla mail inoltrata alle testate giornalistiche della provincia di Modena, senza ulteriore scredito o aggressione gratuita”.