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Le madri e i padri lavoratori che in Emilia-Romagna hanno deciso di rassegnare le dimissioni dal posto di lavoro per dedicarsi alla famiglia sono stati nel 2016 3.609, in lieve aumento sui 3.522 dell'anno precedente. Al nord la regione e' terza per incidenza di questo fenomeno, dopo Lombardia e Veneto.
Lo certifica il ministero del Lavoro, che ha presentato pochi giorni fa la relazione annuale sulle convalide da parte delle Direzioni territoriali del lavoro delle dimissioni e risoluzioni consensuali dei genitori di entrambi i sessi, che non riescono a conciliare carriera e figli. 'Il problema piu' grave riguarda soprattutto le donne', commenta pero' Tullia Bevilacqua, segretario generale Ugl Emilia-Romagna. 'Dobbiamo rilevare inoltre- aggiunge- come sia sempre in aumento il numero delle donne che si licenziano nonostante negli ultimi anni- anche su suggerimento dei sindacati- si siano modificate le norme per contrastare in maniera piu' stringente le dimissioni 'in bianco''.
Fra le principali motivazioni che spingono all'abbandono volontario del lavoro, si legge nella relazione del ministero, ci sono l'assenza di supporti e servizi pubblici e privati idoneo al ruolo genitoriale, costi di assistenza elevati, orari poco flessibili in azienda e welfare carente o eccessivamente burocratico. 'Segno incontrovertibile- continua il segretario dell'Ugl- che una delle ragioni, forse la principale, che spinge la maggior parte delle donne ad abbandonare il lavoro, e' nell'impossibilita' di conciliare tempi di vita familiare e tempi del lavoro: non si riesce ad assolvere al meglio il ruolo di madre se non a costo di abbandonare gli impegni lavorativi, cedendo gran parte dell'autonomia economica che deriva dall'aver ottenuto un impiego'.
Per Bevilacqua, quindi, i licenziamenti di chi non ce la fa a tenere insieme impiego e figli, sono 'l'ennesima prova che le pari opportunita' sono ancora in gran parte una facile slogan e che per le donne lavoratrici la maternita' si traduce sempre piu' spesso in un ostacolo oggettivo al rientro al lavoro, anzi spinge di fatto (laddove non siano direttamente suggerite dai datori di lavoro) alle dimissioni, incentivando i casi di esclusione sociale , se non di nuove poverta' effettive'.
Secondo Lisa Gaattini, responsabile delle Politiche di genere della Cgil di Parma, bisogna promuovere una cultura di genere e delle pari opportunita' a partire 'dai trattamenti retributivi, da una contrattazione della conciliazione, dal ridimensionamento della flessibilita' in ambito di lavoro festivo' e poi 'consolidare le reti dei servizi territoriali a favore della occupazione femminile e il sostegno al reddito per le famiglie mono genitoriali e non'. Infine, dice l'esponente della Cgil, si potrebbero 'istituire luoghi di ascolto preventivo per le donne che intendono dimettersi, per valutare assieme a loro tutte le residue possibilita' prima di questa decisione che impoverisce prima di tutto loro ma anche noi intesi come collettivita''.
Secondo Gattini, infatti, 'le dimissioni non sono una questione privata'.
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