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Vincere non conta. Conta dimostrare di esserci, rivendicare la propria autosufficienza e la propria identità. Oggi la Lega a Modena è questo. E questo per i vertici locali (i commissari Stefano Bargi e Luca Bagnoli) deve essere il metro con cui impostare le candidature in vista del voto amministrativo del 2019.
A Modena, come detto, il Carroccio punta sull'ex consigliere degli anni '90 Stefano Prampolini. Una candidatura individuata in totale autonomia dagli ex Padani (e che voleva essere tenuta segreta ancora per qualche settimana) e che ora viene imposta ai potenziali alleati, Fratelli d'Italia e Forza Italia, ai quali - come ha spiegato lo stesso Bargi - non resta che prendere o lasciare.
Ora, che a Modena l'asse Fdi-Fi valga poco in termini percentuali probabilmente è vero. Che Forza Italia sia lacerata dalle correnti interne e dalle spinte dei singoli è altrettanto vero.
Che Fdi sia legata al solo nome di Michele Barcaiuolo (scavalcato alle politiche da una ex Pd come la Ylenja Lucaselli) non vi sono dubbi.
Eppure quel 'poco' che meloniani e berlusconiani locali possono portare in dote potrebbe essere determinante per far sì che sia il centrodestra e non i 5 Stelle a portare al ballottaggio Muzzarelli. Che, sia chiaro, Giancarlo Muzzarelli vista l'aria e visti i sondaggi, probabilmente perderà comunque, ma dalla sconfitta storica del Pd strategicamente la Lega non avrà alcun guadagno e consegnerà la città all'alleato-nemico grillino.
Funziona così a Modena col nome di Stefano Prampolini e funziona così a Sassuolo, dove per le prossime elezioni la Lega pensa a un candidato di bandiera come Gianfrancesco Menani.
Perchè, come detto, la verità è che vincere al Carroccio locale (privo dai tempi di Mauro Manfredini di una vera classe dirigente) non interessa. Conta mettere il proprio timbro su chi arriverà secondo. Almeno così appare ora. Ma del resto, la campagna in vista del voto è appena iniziata.
Leo
Redazione Pressa
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