Il Progetto di sviluppo della rete di teleriscaldamento della città di Modena, promosso in pompa magna con proiezioni multimediali al Baluardo della Cittadella nel 2009, e sottoposto a screening da parte di Hera nel marzo del 2012, assegnava al termovalorizzatore Herambiente di via Cavazza il ruolo di “polo di produzione centralizzato” del calore (e non di energia elettrica come ha orgogliosamente ricordato ieri il sindaco di Modena), per l’alimentazione di una zona di Modena da via Cavazza sino all’ex mercato bestiame e oltre, verso san Catalfo e Modena Ovest. Una zona che in termini di urbanizzazione e rigenerazione è rimasta per buona parte al palo, aggiungendo al fallimento della mission ambientale dell'inceneritore il fallimento delle politiche urbanistiche che in termini di teleriscaldamento dovevano usufruire dell'inceneritore. Tutto rimasto sulla carta, in modo irreversibile. Dopo pochi anno dal lancio del progetto è del tutto svanita, per scelte politiche, la possibilità di utilizzare il calore prodotto dalla combustione di rifiuti in energia termica da distribuire in un nuovo quartiere da migliaia di persone e inziali 660 alloggi. Un progetto che avrebbe rappresentato un’importante opportunità di ridurre la CO2 emessa nell'atmosfera modenese, in linea anche col Piano redatto su impegno del Patto dei Sindaci con l’europa per la riduzione della CO2 stessa. Un progetto che se proseguito e portato a termine, avrebbe potuto portare come detto alla sostituzione complessiva di 10.000 caldaie.
Perché nel piano di sviluppo, il teleriscaldamento, partendo dall'area compresa tra via Cavazza ed il mercato bestiame doveva servire anche quella comprendente il comparto di via Santi, della sede di Hera stessa per poi proseguire per step fino all'asse di residenze ed industrie sull'asse di via Emilia Ovest e comprendendo anche il Peep 3 (quello che gravita intoro al centro commerciale La Rotonda, per intenderci). Consentendo così la sostituzione di circa 10.000 caldaie. Intese come singoli impianti in singoli appartamenti, che sarebbero state eliminate (proprio perché sostituite dal teleriscaldameto), portando ad una riduzione di anidride carbonica immessa in atmosfera e di tutti gli altri agenti inquinanti emessi dagli impianti di riscaldamento tradizionali alimentati a petrolio e a gas del 78%. La realizzazione del progetto iniziò ma si fermò.
'Nel 2012 l'allora Assessore all'ambiente Simona Arletti (oggi presidente Abitcoop), annunciò in consiglio comunale che il progetto complessivo di sostituzione di 10 mila caldaie, legato alla realizzazione della seconda linea del termovalorizzatore era temporaneamente sospeso'. In realtà lo era in maniera definitiva ed è rimasto tale.