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“Sono assolutamente contraria a proposte volte a ripristinare il vecchio schema assistenziale: dal punto di vista medico-scientifico questo andrebbe contro la logica delle evidenze che hanno portato alla centralizzazione dei parti in punti nascita di grandi dimensioni, e che anche a livello internazionale ha contribuito alla drastica riduzione della mortalità neonatale e degli esiti neonatali infausti”.
Così Maria Cristina Galassi, direttore dell’Unità Operativa di Ostetricia Pavullo-Sassuolo, di fronte alle prese di posizione in merito alla riapertura dei piccoli punti nascita ed in particolare di quello di Pavullo, oggetto dell'incontro organizzato dal locale Comitato Salviamo l'ospedale alla presenza di consiglieri regionali e parlamentari a confronto sulla possibilità di riaprire in sede regionale e parlamentare la discussione sulla possibile riapertura del punto nascite.
Un intervento quello della del Direttore dell'Ostetricia di Pavullo e Sassuolo che che non stupisce, se si considera che Maria Cristina Galassi è proprio colei che dal 2014 ha dichiaratamente e materialmente lavorato per dare attuazione al processo di centralizzazione dei parti delle donne delle zone montane a Sassuolo, come da lei stessa spiegato lo scorso novembre nel corso di una conferenza stampa organizzata sul punto nascita di Pavullo nel novembre scorso. Lavoro ribadito nero su bianco nella nota stampa con cui l'Ausl alle ore 12 ha diffuso la posizione della responsabile del servizio estendendola agli 'operatori del servizio'
“Abbiamo recepito tutte le indicazioni nazionali in materia e lavorato al cambiamento ottimizzando tutti i passaggi di accompagnamento alla nascita, dall’inizio della gravidanza fino al parto nei punti nascita indicati come più idonei' - ha affermato la Galassi che ha concluso. così: 'Vi è stato un adeguamento assistenziale su un territorio che, proprio per la sua conformazione geografica, richiedeva da tempo una nuova strutturazione. Passi indietro rispetto a quanto fatto finora sarebbero passi indietro nella qualità dell’assistenza, ingiustificabili dal punto di vista medico-scientifico, pericolosi in primis per le donne e i neonati. I professionisti sono indisponibili ad operare in contesti assistenziali inadeguati, perché la sicurezza ed i dati scientifici non si modificano cambiando l’assetto normativo”.
Redazione Pressa
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