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'Ricavi record per Hera? Distorsione strutturale dell'idea di servizio pubblico'

'Ricavi record per Hera? Distorsione strutturale dell'idea di servizio pubblico'

Rinaldi: 'Hera, oggi, rappresenta il culmine di un processo politico e culturale che ha portato alla privatizzazione progressiva del pubblico'


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'La notizia riportata da La Pressa sui ricavi Hera da oltre 9 miliardi di euro non è un trionfo industriale ma il simbolo di una distorsione strutturale che tocca il cuore stesso dell’idea di servizio pubblico. Quando un’azienda nata dalla fusione di municipalizzate, quindi da enti pubblici che appartenevano alle comunità, raggiunge dimensioni finanziarie tali da competere con le grandi multinazionali, significa che qualcosa di profondo si è incrinato nel rapporto tra economia e cittadinanza. Hera, oggi, rappresenta il culmine di un processo politico e culturale che ha portato alla privatizzazione progressiva del pubblico sotto la veste ingannevole della modernizzazione'. A dirlo è Bruno Rinaldi, segretario provinciale di Popolo e libertà.

'Un tempo, le municipalizzate nacquero per garantire servizi essenziali come l’acqua, il gas, la raccolta dei rifiuti, a tariffe eque e con l’obiettivo del bene comune. Erano strutture radicate nel territorio, espressione diretta delle comunità locali, amministrate da chi conosceva i bisogni concreti delle persone. Con la nascita di Hera, avvenuta nei primi anni Duemila sotto la spinta delle amministrazioni di sinistra, quel modello fu smantellato. Si disse che la fusione e la trasformazione in Spa avrebbero portato efficienza, innovazione e capacità di investimento.
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Ma il risultato è stato l’esatto contrario: la perdita del controllo democratico sui servizi essenziali, la subordinazione dell’interesse collettivo alla logica del profitto e la creazione di una nuova casta manageriale stipendiata come un’élite privata, ma sostenuta da monopoli pubblici. I numeri trionfali presentati dal presidente esecutivo Cristian Fabbri – oltre 9 miliardi di ricavi, rendimento del capitale proprio vicino al 10% – sarebbero degni di vanto se provenissero da un’impresa privata che rischia sul mercato. Ma qui siamo davanti a un’anomalia: un’azienda che opera in settori regolati e monopolistici, dove la concorrenza è quasi inesistente, e che accumula utili garantiti dal pagamento obbligatorio delle utenze. L’aumento dei ricavi, in questi casi, non è segno di efficienza, ma semplicemente di un trasferimento di ricchezza dai cittadini all’azienda. Ogni bolletta che cresce, ogni tassa sui rifiuti che lievita, ogni costo aggiuntivo imposto ai consumatori diventa un contributo indiretto al bilancio di una società che ormai risponde più agli azionisti che ai cittadini. È un modello che si nutre di vincoli, non di meriti: la gente non può scegliere un altro fornitore di acqua o un altro gestore dei rifiuti.
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È costretta a pagare, e quindi garantisce il profitto'.

'In questo meccanismo si rivela il fallimento morale della sinistra amministrativa emiliana, che, da forza un tempo attenta ai bisogni popolari, si è trasformata in promotrice di un capitalismo municipale fondato sulla rendita e sull’autoreferenzialità. La trasformazione delle municipalizzate in Spa è stata presentata come un atto tecnico, ma in realtà è stata una decisione ideologica: il passaggio dal principio del servizio al principio del profitto, dalla solidarietà alla redditività, dalla cittadinanza all’azionariato. Hera è oggi una società formalmente pubblica ma sostanzialmente privata, che vive di rapporti di potere con le amministrazioni locali e di strategie di espansione tipiche di una holding. Il suo indebitamento di 4,1 miliardi, pur “migliorato” secondo la relazione, mostra la logica finanziaria che domina anche un’azienda nata per gestire acqua e rifiuti: si parla di “flessibilità finanziaria”, “m&a”, “quote di minoranza”, “rendimento del capitale”, termini che appartengono al linguaggio di Borsa, non a quello di un servizio pubblico. Questa mutazione linguistica e culturale è il sintomo più evidente della trasformazione della politica in amministrazione tecnocratica. Le amministrazioni comunali, che un tempo avevano la funzione di rappresentare i cittadini, sono oggi socie passive, spesso complici, che ricevono dividendi invece di ridurre le tariffe. In molti casi, gli enti locali sono ormai ostaggi delle stesse società che dovrebbero controllare.
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Hera finanzia eventi, sponsorizza attività, sostiene progetti culturali, ma lo fa come fa un privato: per costruire consenso e immagine. Nel frattempo, la qualità dei servizi non migliora proporzionalmente ai profitti, e le lamentele dei cittadini restano spesso inascoltate' - aggiunge Rinaldi.

'Il caso Hera dimostra che il capitalismo di Stato è un ossimoro pericoloso: crea strutture ibride che godono dei privilegi del pubblico e dei profitti del privato, senza rispondere pienamente a nessuno dei due mondi. È il simbolo di una sinistra che, smarrito il senso del popolo, ha scelto di governare l’economia attraverso strumenti finanziari e non attraverso politiche sociali. Ma questa scelta ha un prezzo altissimo: la perdita di fiducia, di equità, di trasparenza. Occorre ripensare radicalmente il modello. I servizi pubblici devono tornare ad essere comunitari, non aziendali. Le società come Hera dovrebbero essere riformate in enti consortili di diritto pubblico, con amministrazioni trasparenti, bilanci aperti e controllo diretto dei cittadini. Gli utili non devono essere distribuiti ma reinvestiti sul territorio, in infrastrutture, manutenzione, riduzione delle tariffe e innovazione ambientale reale, non di facciata. Serve una nuova economia civica, basata su un principio semplice: il profitto sul bisogno è moralmente inaccettabile. L’acqua, l’energia, la gestione dei rifiuti non sono prodotti di mercato ma diritti civili, e come tali devono essere gestiti da chi risponde direttamente al popolo.

Finché le multiutility continueranno a macinare miliardi sulla pelle di cittadini obbligati a pagare, il sistema resterà una contraddizione vivente. Hera non è solo un’azienda, è il paradigma di una degenerazione politica e morale, l’emblema di come la sinistra amministrativa abbia trasformato il bene comune in fonte di reddito e il cittadino in cliente. La sua storia, i suoi numeri e le sue strategie raccontano una verità scomoda: il potere, quando perde il legame con l’etica, diventa inevitabilmente affare' - chiude Rinaldi

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