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Dai 1940 richiedenti asilo, rifugiati e titolari di protezione umanitaria presenti nel 2006 a livello regionale, si è passati ad oltre 8000 nel giugno del 2016, per superare le 10.000 nel 2017. la sola provincia di Modena ha oggi lo stesso numero di richiedenti asilo (circa 2000) che l'intera regione aveva 10 anni fa. Sia chi si occupa di progetti di accoglienza previsti nella gestione dell'emergenza (Cas), coordinati dalla Prefettura, così come nel progetto Sprar (che da anni vede coinvolti in un sistema di accoglienza di secondo livello più strutturato per l'integrazione, anche gli enti locali come il Comune di Modena), è unanimemente preoccupato da un sistema dell'accoglienza che così strutturato, e soprattutto con questi numeri in continua crescita, rischia di creare schiere di invisibili e di fallire nel suo obiettivo principe, ovvero quello dell'integrazione.
Di fatto, i soggetti che non si sono visto riconosciuto lo status richiesto, non possono accedere ad altri percorsi di integrazione, e di fatto sono obbligati a rimanere per cosi dire 'ai margini'. Invisibili e senza prospettiva.
E', in sintesi, la conclusione tratta dall'edizione 2017 su dati 2016, dello studio 'condotto dalla Regione Emilia-Romagna intitolato 'Emilia-Romagna Terra d'asilo'.
I numeri dell'ultimo anno di sbarchi, e di coloro che sono stati accolti in Italia, sono tali da mettere fortemente a dura la prova il sistema. Perche il sistema Cas (che si occupa di fatto della prima accoglienza in fase di emergenza), ed il sistema Sprar (con progetti dedicati e orientati all'integrazione destinati a coloro che hanno già attraversato un primo percorso di accoglienza, ed ottenuto lo status di rifugiato), hanno discrepanze enormi nei numeri.
Primo macroscopico dato è che al 30/03/2016 a fronte di una capienza Sprar in Emilia Romagna di 1019 posti le presenze all’interno dei Cas ammontano a 6337, sei volte tanto. Tale dato nei mesi successivi andrà ulteriormente ad ampliare la forbice tra i due sistemi di accoglienza. A fronte di un aumento di posti Sprar in data 31 maggio 2016 di 113 posti ( +11%), la capienza dei Cas è aumentata di più di 730 posti, raggiungendo a fine giugno un numero vicino alle 8000 unità. In soli tre mesi il sistema Cas è aumentato sette volte in più rispetto allo Sprar.
Questa sproporzione rende più difficile soddisfare con progetti di protezione ed integrazione tutti coloro che sono stati riconosciuti con lo status richiesto. E rende pressoché impossibile ogni ulteriore forma di integrazione per coloro che ne rimangono fuori. E sono tanti. Basta pensare anche al giugno dello scorso anno la percentuale di soggetti usciti dal Cas (prima accoglienza), e approdati nel progetto Sprar (accoglienza ed integrazione) erano solamente il 14%
La sproporzione numerica delle presenze dei Cas rispetto alle disponibilità dello Sprar e di come questo non riesca ad assorbirle, rischia di creare situazioni di marginalità sul territorio rispetto a soggetti che dopo il primo periodo di accoglienza, non avendo acquisito lo status richiesto, e non potendo accedere a progetti specifici per l'integrazione', e tantomeno essere espulsi, rischiano di perdersi, più o meno volontariamente, come fantasmi sul territorio. Rischiando. in molti casi, di ingrossare le fila delle organizzazioni criminali. 'Nei Cas non c'è posto e nello Sprar non ci può entrare. Così esce in strada e perde tutto.' - afferma in modo emblemativo un operatore intervistato nell'ambito del rapporto della Regione.
Una realtà, quella sinteticamente descritta nei numeri, confermata da un altra percentuale che non lascia spazio ad interpretazioni. La percentuale di riconoscimenti delle commissioni Territoriali dell’ Emilia Romagna è scesa intorno al 30% . Bassissima, perché di fatto significa che c'è una percentuale del 70% che quel riconoscimento non l'ha avuto che e che alimenta quel limbo giuridico ed istituzionale in cui vivono migliaia di migranti senza prospettiva.
Gianni Galeotti