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'Oltre 125mila tonnellate di rifiuti urbani e speciali gestiti in maniera illecita in un impianto di recupero di Modena'. Questa l'accusa principale che portò nel 2016 l'impianto di recupero di rifiuti urbani e speciali non pericolosi di via Caruso sotto la lente d'ingrandimento della Dda di Bologna e della Forestale che indagarono sulle attività della società Akron di Imola, al centro allora di un'inchiesta per traffico di rifiuti, false attestazioni e truffa aggravata ai danni della Regione Emilia-Romagna.
L'inchiesta coinvolse anche l'ex legale rappresentante di Akron, tre funzionari della società, poi diventati dirigenti Herambiente, e un dipendente della coop impiegata nell'impianto.
A seguito, infatti, della fusione per incorporazione di Akron S.p.A. in Herambiente S.
p.
A.
, perfezionatasi dal 1° luglio 2015, l’impianto di selezione e recupero di via Caruso prima in gestione ad Akron Spa è entrato a far parte della dotazione impiantistica di Herambiente, che ha mantenuto l'oggetto della registrazione dell'impianto stesso ovvero la selezione ed il recupero dei rifiuti e di tutte le attività ad esso pertinenti.
Le indagini evidenziarono una 'attribuzione di errati codici identificativi ai rifiuti al fine di renderli recuperabili, visto che altrimenti, per la loro natura, non avrebbero potuto essere gestiti presso l'impianto di Modena. Inoltre, le indagini avrebbero appurato una sistematica omessa attività di selezione/recupero a norma di legge' - segnalò la DDA - di talune tipologie di rifiuti, ivi compresi anche quelli originati da raccolte differenziate urbane comunali, quali carta e plastica.
Herambiente, società del gruppo Hera, che oggi gestisce l'impianto ai tempi replicò alle accuse sollevate nel corso dell'inchiesta 'contestando in toto - scrisse Repubblica riportando le dichiarazioni della società stessa - l'affermazione che le indagini abbiano evidenziato una situazione di rodata gestione illecita dell'impianto modenese di recupero di rifiuti da parte della società Akron Spa'.
L'accusa per Herambiente, 'si fonda su valutazioni e ricostruzioni contraddette dalla documentazione in atti e dalle autorizzazioni esistenti. Occorrerà quindi - affermò con una nota Hera - attendere il rituale confronto processuale delle parti per l'esito di una vicenda i cui contorni devono ancora essere totalmente da verificare'.
A tre anni di distanza da quelle contestazioni gli inquirenti del nucleo forestale dei Carabinieri sono tornati nell'impianto dove per cause ancora avvolte dal mistero, domenica sera, 200 tonnellate di rifiuti indifferenziati stoccati in uno dei 4 capannoni dell'impianto sono finiti in fumo. Un impianto posto sotto sequestro e dove il termine delle operazioni di spegnimento e smassamento del materiale, ancora in corso, consentiranno sopralluogo più accurati degli inquirenti e degli stessi Vigili del fuoco
Nella foto l'area dell'impianto di via Caruso e, evidenziata in rosso l'area del capannone deposito andata distrutta
Redazione Pressa
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