'Il sindaco si lancia in giudizi pesanti affermando che i Forty Days For Life vorrebbero “prevaricare e limitare” le idee di altri, ma l’unico che vuole prevaricare le idee altrui è proprio lui esprimendo giudizi avventati nei confronti di una manifestazione che si svolge in modo assolutamente pacifico e avendo ottenuto tutte le autorizzazioni. Il sindaco afferma persino che “dobbiamo essere tutte e tutti consapevoli che i diritti non sono mai acquisiti per sempre e vanno difesi con tenacia” senza rendersi conto che con le sue gravi espressioni lede un diritto fondamentale e costituzionalmente garantito che è quello di manifestare liberamente il proprio pensiero.
'Abbiamo anche ascoltato la voce di tante donne che ci hanno condiviso le ferite profonde che l’aborto ha determina in loro, come anche nei padri e nell'intera società. La visione distorta della nostra testimonianza pacifica e accogliente impedisce alla società di vedere l'aborto per ciò che realmente è: un dramma il più possibile da evitare e non da proporre come soluzione di ogni problema.
Ci dispiace poi che il sindaco non abbia speso una parola sui tanti bambine e bambini che con l‘aborto rischiano di perdere la loro vita, noi semplicemente diciamo che la nostra società dovrebbe dare anche a loro l’opportunità di arrivare a nascere, così come ce l’ha avuta ognuno di noi. Per quanto ci riguarda siamo disponibili anche noi ad un momento di confronto col sindaco, che riteniamo a questo punto opportuno, per potergli presentare adeguatamente la nostra preghiera ed i suoi scopi, richiamando quanto lui stesso aveva affermato nel suo discorso introduttivo “Il sindaco migliore è colui il quale parla per ultimo… perché egli parla (ed agisce) solo dopo aver ascoltato”. Crediamo infatti che l’opzione del confronto sia sempre la migliore'.
'Sono personalmente dispiaciuto dalle dichiarazioni odierne del sindaco Massimo Mezzetti sulla campagna “40 giorni per la vita” in corso attualmente davanti al Policlinico di Modena - aggiunge il consigliere Andrea Mazzi -. Per più di 20 anni ho avuto modo di incontrare centinaia di donne incinte in difficoltà, e ritengo di portare un contributo che nasce dall'esperienza diretta. Purtroppo spesso c’è una visione dell’aborto dall’esterno che non corrisponde alla realtà concreta che vivono le donne. Le neomamme troppo spesso sono lasciate a loro stesse, e finiscono per abortire per la solitudine e l’indifferenza. Spinte da tanti, colpevolizzate se pensano di accogliere il bambino, obbligate a scegliere tra lavoro e continuazione della gravidanza, private di adeguati sostegni economici. Con l’aborto si procurano una ferita che per tante resta aperta per tutta la vita. Per questo quando sento dire che occorre garantire la libertà per le donne, penso che se davvero le donne fossero più libere gli aborti crollerebbero. Non è chi prega che limita la libertà delle donne. Sono tutti i condizionamenti e gli ostacoli che la mamma si trova intorno. Anzi chi prega ci obbliga a ricordare quello che avviene nella nostra città e a cercare di fare qualcosa. Perché davvero nella nostra città “nessuno sia escluso”, occorre che moltiplichiamo gli sforzi perché i 600 bambini abortiti nel nostro ospedale diventino 600 bambini accolti. Ho partecipato anche io a diverse preghiere pubbliche davanti agli ospedali, e ho raccolto diverse testimonianze di donne e di operatori sanitari contenti di queste iniziative. Trovo opportuno riportare qui la voce di una signora che fermandosi per un breve momento, ha detto ai presenti: “Io lavoro qui dentro e so cos’è l’aborto. Continuate a pregare!” Non confondiamo il dito con la luna'.