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Sant'Agostino, i limiti 'provinciali' del progetto Estense

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Recuperare un patrimonio architettonico, testimone storico e artistico, rendendolo più accessibile e attraente attraverso la fornitura di servizi soprattutto pro turismo, è senz'altro un percorso, un programma interessante, ma non può essere gestito come offerta del tre per due, tipica delle grandi catene di distribuzione


Sant'Agostino, i limiti 'provinciali' del progetto Estense
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Ne ha fatto di strada (raccogliendo lungo il tragitto aiuti molto sostanziosi) il progetto del Polo culturale Sant’Agostino, “un fiore all’occhiello” così l’ha definito il sindaco, durante il suo intervento nel recentissimo primo appuntamento pubblico sul Nuovo Piano Urbanistico di Modena lo scorso 31 maggio, ricordando ai presenti non senza un pizzico di saccenteria: che è ben altra cosa che decidere 'se mettere un libro qui o un libro là”.

Tralasciando di dire che è stato proprio il rivedere dove metterli, come, o lasciarli tutti dove sono i libri, che si è arrivati alla formulazione del piano progettuale presentato lo scorso aprile e che ora con la convocazione della conferenza dei servizi del 5 luglio si avvia il processo per approvarlo.

Parole che son sembrate essere indirizzate verso chi con cognizione di causa e con fondatezza ne ha spiegato l’assurdità del trasferimento della biblioteca estense dalla sede attuale al Sant’Agostino, oltre a motivarne l’insostenibilità e a sottolineare le falle di un progetto che faceva acqua da tutte le parti. Evidentemente risulta assai difficile per chi si sente come l’amministratore delegato della città, digerire il fatto che un gruppo di cittadini esperti e competenti, non allineati, non omologati, ma spinti soltanto dal loro forte senso civico e spirito di servizio per l’amore che nutrono per la città, siano riusciti a scompaginare le carte in tavola, con la loro proposta di un progetto culturale, totalmente mancante in quello che il proprio partito di maggioranza ha difeso a spada tratta per dieci anni. Proposta usata come modello per formulare il piano culturale in via di affinamento, e del futuro “fiore all’occhiello”?


A parte gli imprevisti, come la decadenza della valente direttrice Martina Bagnoli,che non siederà in rappresentanza del ministero alla conferenza dei servizi, al suo posto ad interim è stato nominato Mario Scalini.Tutto nasce da un ricorso accolto dal TAR del Lazio, promosso da alcuni concorrenti esclusi al bando internazionale per la direzione dei 20 Super Musei,tra cui appunto le Gallerie Estensi - che ha evidenziato procedure di selezione viziate in più punti – istituiti dal ministro Franceschini con la criticatissima riforma della cultura promossa con motu proprio. Un esperimento giuridico che non è azzardato definire senza precedenti, in cui un ministro con semplici decreti ministeriali ha prima smontato, e poi rimontato a suo gradimento parti della struttura statale.

Sul fronte del Sant’Agostino si registrano novità positive, il versante contemporaneo con la neonata Fondazione Modena arti visive, lascia ben sperare e lo si guarda con molte aspettative, unitamente alle future attività innovative previste, e in special modo sullo sviluppo di iniziative e attività volte a promuovere conoscenze e uso delle tecnologie rivolti alle giovani generazioni che vi saranno attivate, con la supervisione della Università, finalmente chiamata in campo, funzionalmente si risponderà alle esigenze delle nuove domande di informazione, formazione e cultura.

Il progetto presentato è, e sarà un work in progress per lungo tempo, nell’iter per il suo perfezionamento sarà coadiuvato da un Advisory Board, e dalla Fondazione Fizcarraldo che fornirà supporto e assistenza alla fase di affinamento dell’intero, percorso di progettazione del nuovo polo culturale.

Questa la road map disegnata, prima seduta della Conferenza dei servizi il 5 luglio per il progetto di recupero e riqualificazione dell’ex ospedale Sant’Agostino. Si è potuto convocarla in quanto è avvenuto il deposito da parte della Fondazione Cassa del progetto di intervento in variante urbanistica sulla base dell’accordo procedimentale siglato dal Comune e dal Ministero. Nella prima fase l’istituzione avrà il compito di esaminarla, che dovrà essere adottata dal Consiglio comunale insieme all’approvazione dell’Accordo di programma definitivo tra i tre enti.

Singolare il fatto che nonostante le norme vigenti che lo stesso ente pubblico si è dato per tutelare il proprio centro storico da assalti speculativi e alteranti nella sua identità,prometta e si impegni con tanto di accordi firmati anzitempo di attuare una tale variazione, intervenendo sulla disciplina urbanistica dello PSC-POC-RUE. Offrendo di nuovo il fianco a probabili rilievi di legittimità normativa?

Oltre ai tre partner, Fondazione CRMO, Comune e MIBACT, partecipano alla conferenza dei servizi: l’UNIMORE, la Provincia di Modena, la Soprintendenza per i Beni Archeologici e paesaggistici dell'ER, l’ASL di Modena, il servizio Affluenti Po della Regione Emilia-Romagna, Arpae, Consorzio della Bonifica Burana, Agenzia per la mobilità, Enac, Ministero Infrastrutture e Trasporti, Vigili del fuoco, Ministero della Difesa, Hera, Enel, Telecom, Agenzia del Demanio, Ferrovie dello Stato.

Nel corso dei lavori della Conferenza dei servizi sono previste anche audizioni di soggetti che ne faranno richiesta, quali le associazioni da tempo attenzionate sul progetto.

Nella seconda fase, dopo il passaggio in Consiglio comunale, la Conferenza dei servizi avrà il compito di valutare le eventuali osservazioni e di completare il procedimento unico per autorizzare i lavori di interesse pubblico (se) approvati. E per interesse pubblico si intende la copertura del Gran Cortile e l’abbattimento e riedificazione di alcuni corpi di fabbrica, questi interventi così definiti, sono finalizzati a un mero aumento volumetrico. Eppure l’intero complesso consta di ben 20.000 metri quadri.

È bene ricordare che il progetto architettonico di riqualificazione presentato per il recupero del Sant’Agostino, non è stato sostanzialmente modificato, se non nelle abolite lame librarie, non più necessarie visto che la biblioteca estense quasi per intero rimane nel Palazzo dei Musei; e tra l’altro potrebbe espandersi agevolmente nel retrostante ospedale Estense. Pur di mantenere la famosa impronta architettonica, una parte della biblioteca verrà spostata, viene da pensare che si mantenga un pezzetto di quel progetto, per non rinunciare (forse) a nessun euro in meno rispetto a quelli preventivati e appaltati!  Ed è lo stesso progetto su cui si è abbattuta la scure del TAR, che l’ha sanzionato a più non posso, per evidenti violazioni delle norme di tutela vigenti sul patrimonio storico artistico e con la normativa urbanistica, statale e regionale e del centro storico, e gli unici interventi consentiti dalla disciplina di tutela legislativa, sono esclusivamente interventi a carattere di restauro e risanamento conservativo. 

Mentre sono ancora avvolte nella nebbia le determinazioni del Comune e del Ministero, impegnati in tandem con il S.Agostino, nel progetto diventato doppio “Terre Ducate Estense”. Per quanto attiene il versante storico, ’l’eredità’ accumulata nei secoli, grazie alla lungimiranza di chi ci ha preceduto, e conservata negli istituti civici e statali nel Palazzo dei Musei, che con l’ex Estense, sono oggetto di una funzionale riqualificazione, nessuna indicazione, nessun proposito è stato finora illustrato né dal Comune né dal Ministero, in merito a politiche e obiettivi, e relativi programmi di valorizzazione. 

Quella che è in corso è la operazione culturale del secolo, la seconda dopo la prima realizzata con la unitarietà degli istituti civici e statali raccolti nel Palazzo dei Musei, a seguito della nascita della nazione e la scomparsa dei vari reami italici.

Ma per ‘eredità’ non si deve intendere soltanto il periodo storico quale l’Estense, sul quale si punta per il lancio del Polo S.Agostino - Estense a livello nazionale e internazionale. E sinceramente ci si aspetta una proposta di peso, nella forma di un vasto programma inteso a valorizzare l’intero Capitale culturale della città, da realizzare creativamente in innumerevoli interpretazioni, attraverso percorsi di studio, ricerca e innovazione. E di tale programma non c’è ancora traccia! A meno che non si intenda per programma di valorizzazione  solo il  lancio del brand “ducato estense” (così come si evince dal Disciplinare “Cultura e Turismo”). Azione questa che si limita soltanto a numerosi interventi di recupero edilizio nell’ex territorio ducale - e alla creazione del cosidetto ’brand’ che sarà sviluppato e promosso attraverso:

  • la messa a punto del logo e campagne di comunicazione sinergiche, tipo web series in salsa estense in cui il visitatore - turista sarà coinvolto in esperienze dal vivo dal sapore “estense”!
  • coupon e biglietti integrati, da usare a piacimento tra ferrovie, compagnie di navigazione sul Po, servizi di trasporto urbano ed extraurbano di SETA, al fine di visitare a scelta Ferrara e Modena, passando da Reggio Emilia giù fino ad una scappatina in Garfagnana… un museo qui ed una rocca là… e…. su per un sentiero.
  • totem multimediali e cartine realizzate ad hoc!

Il tutto per un progetto di comunicazione e promozione del brand ducato estense, bello e pronto sul tavolo come investimento per un bel milione di euro!

Recuperare un patrimonio architettonico, testimone storico e artistico, rendendolo più accessibile e attraente attraverso la fornitura di servizi soprattutto pro turismo, è senz’altro un percorso, un programma interessante, ma non può essere gestito come offerta del tre per due, tipica delle grandi catene di distribuzione.

Tali operazioni di converso necessitano di forti contenuti (che ancora non ci sono) e andrebbero senz’altro riproposti diversamente; innanzitutto con intelligenza e senza dimenticarsi che abbiamo una storia plurisecolore da valorizzare, che va dalla fondazione di Mutina ai giorni nostri, con finalità non solo circoscritta ad un audience indistinto, ma come risultato di una elaborazione complessa, in cui gli attori, gli strumenti, i luoghi, il passato sia il progetto di una comunità ed i cui obiettivi sono l’innalzamento e la condivisione del sapere, della ricerca e delle opportunità che insieme sono in grado di creare valore, sia sociale, che culturale, e infine anche economico. E per questi obiettivi, banalizzazioni progettuali e scorciatoie commerciali non solo non servono, ma diventano controproducenti.  

Franca Giordano


Redazione Pressa
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