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Uno spazio enorme, a perdita d'occhio, quello dello scalo merci di Marzaglia. Come in un aeroporto, con 260 mila metri quadrati di superficie. Sprecati. Senza vita. L’ingegner Moretti, dirigente capo delle Ferrovie dello Stato, al termine di un incontro pubblico avuto a Modena il 16 giugno del 2001 con l’allora Sindaco Giuliano Barbolini, ne aveva previsto la piena operatività «nell'arco di 4/5 anni, ipotizzando nel 2005 il volume di merci in transito a quota 3 milioni, per arrivare a superare abbondantemente i 4milioni nel 2010».
Non se ne fece nulla, per i successivi dieci anni. Anche perchè nella logica di un sistema integrato infrastrutturale per la logistica delle merci trasportate su ferro e su gomma, il nuovo scalo merci di Marzaglia aveva la sua ragione, e puntava la sua funzionalità, sulla preliminare realizzazione della bretella autostradale Campogalliano-Sassuolo. L’altra grande incompiuta. A sottolinearlo fu nell’ottobre del 2011, proprio a dieci anni dall’annuncio di Moretti, anche l’assessore Comunale alla programmazione territoriale Daniele Sitta.
Annunciando per la Bretella Campogalliano Sassuolo, «la conferma, da parte del Cipe, delle risorse stanziate nel 2006», quelle che avrebbero consentito ad Anas «di dare il via al bando per la realizzazione del collegamento autostradale», Sitta auspicò il celere avanzamento dei lavori proprio «in funzione della prevista apertura, alla fine del 2012, dello scalo merci di Cittanova-Marzaglia, un'opera fondamentale per la nostra economia». Fondamentale. Ancora una volta non se ne fece nulla.
Riassumendo, oggi non c’è la Bretella, nemmeno nel primo preliminare tratto che avrebbe dovuto collegare Campogalliano al nuovo (diventato vecchio anche sulla carta), scalo merci di Marzaglia. E, appunto, non c'è lo Scalo.
Ed ecco che oggi le cattedrali nel deserto rappresentate dalla grandi gru gialle e ruggine che dovevano trasportare da camion a treni, e viceversa, container da 14 tonnellate, sono il simbolo non solo di un'opera tradita, ma di una visione e di un futuro tradito.
Quella di una Modena Europea che in quelle grandi infrastrutture doveva avere i suoi fiori all'occhiello. Perché dieci anni di stop, in termini di competitività, sono anni luce e non sai poi se li recuperi. E allora non ci si crede neppure, e sale un senso di rabbia, camminando tra lo spreco di quelle macerie, tra quei binari non posati, tra le migliaia di traversine ammassate da tanto tempo dal mostrare il cemento armato sgretolato. Da dovere essere buttate. Oggi l'apertura inutile di uno svincolo che si immette sulla rotatoria della via Emilia, all'altezza di Marzaglia, consente almeno di arrivare in macchina, e poi a piedi, all'interno di quell'enorme area che prima, dalla via Emilia, si intravedeva solo e non era possibile raggiungere. Una porta verso il nulla. Che oggi si può attraversare. Per vivere, all'interno dell'area, una esperienza surreale, una dimensione temporalmente congelata nel tempo. Che anziché congelare anche i soldi spesi, li ha liquefatti. Un esempio: la Camera di commercio creò una società ad hoc, la Tie, con un capitale sociale di un milione di euro. Proprio a supporto dello scalo. E potremmo continuare ma basta così.
La domanda oggi è: è fattibile, possibile, opportuno, ripartire da lì? Visto che la logistica è e rimane uno dei fattori attrattivi rispetto ad investitori esteri? L'impressione che sia cosa difficile e senza più tanto senso, in effetti, c'è. Il blocco dei progetti è andato di pari passo, per non dire ha accompagnato, il blocco di una governance involuta ed autoreferenziale che dai comuni alla provincia, e dalla provincia alla Regione, è rimasta ferma a vecchi schemi. Con le stesse facce. Con la conseguenza immediata di avere lasciato che il baricentro della competività da garantire anche attraverso le infrastrutture si spostasse altrove.
Redazione Pressa
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