Via al collaudo cassa Panaro, ma per le grandi piene nessun progetto
La realtà emersa nell'intervento dei tecnici e dell'Assessore regionale Priolo in Consiglio provinciale: 'Nel recovery solo progetti già schedati'
Sono soprattutto questi gli elementi emersi nel corso del Consiglio Provinciale dalle risposte dell'Assessore regionale Priolo, del Direttore Aipo Luigi Mille, e del presidente della commissione tecnica regionale sulle cause della rottura dell'argine del fiume Panaro del 6 dicembre, Giovanni Menduni. Risposte limitate all'ultima ristretta parte della seduta del consiglio occupata per la maggior parte dalle relazioni a senso unico (ovvero senza altri interventi) degli stessi responsabili Aipo e regionale, e arrivate in relazione alle domande poste dai consiglieri Antonio Platis (centro-destra) e Stefano Lugli (centro-sinistra)
Di fatto nessuna risposta invece (se non la spiegazione che per accedere con mezzi pesanti sull'argine rotto il sei dicembre per effettuare la riparazione, si è dovuta rinforzare prima una rampa per garantire l'accesso in sicurezza dei mezzi), sul fronte della spiegazione sul perché delle oltre 8 ore trascorse dalla rottura dell'argine al primo intervento di riparazione con il posizionamento del primo masso ciclopico.
Sul collaudo della cassa di espansione del Panaro, il primo step è previsto entro fine aprile e comporterà il riempimento del bacino principale a poco più di 6 metri di livello dell'acqua, da mantenere per una decina di giorni, livello raggiungibile anche in eventi piccoli di precipitazione o di piena. Per poi passare ai due step successivi, con livelli di acqua via via superiori, l'ultimo dei quali a 11,40 a livello di diga, con la conseguente tracimazione del bacino principale in quello secondario, mai allagato (e, appunto, mai collaudato), nonostante la sua realizzazione risalga alla metà degli anni '80.
Sul fronte della messa in sicurezza dei fiumi a piene centenarie (TR100 e TR200), l'assessore Priolo ha confermato l'assenza di progetti ad un livello di avanzamento tale da renderli schedabili e quindi 'presentabili' per ottenere i finanziamenti del recovery plan.
Come già anticipato in altri nostri articoli, i progetti che la Regione ha presentato per essere finanziati con le risorse del recovery fund sono quindi solo quelli già avviati o programmati, ma limitati a interventi di manutenzione e adeguamento a piene piccole e medie TR20 e TR50, non ad un livello strutturale e quindi tali da definire una messa in sicurezza a piene grandi. Se i progetti non sono inseriti nell'elenco/banca dati Rendis, del Ministero, e che raccoglie tutti i progetti per così dire (utilizzando un termine dell'assessore Priolo), ad un certo grado di maturazione, questi non possono essere finanziati e la richiesta di finanziamento è inutile. 'Se non sono inseriti in quella banca dati poco possiamo fare' - ha specificato l'Assessore. Il problema è che in quella banca dati non c'è nessun progetto regionale per l'adeguamento non solo alle piene centenarie ma anche solo per l'adeguamento della cassa di espansione del Secchia dall'attuale TR20 al TR50. L'assenza di progetti per l'adeguamento alle piene centenarie e quindi per una reale messa in sicurezza in tali termini, era già stata 'ammessa' dall'assessore Priolo alcuni mesi fa nell'incontro con il pool dei comitati Arginiamo, Salute ambientale Campogalliano, Secchia e Respiriamo Aria Pulita Modena.
Gi.Ga.
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