Aimag, ciò che la politica può far passare in Consiglio può diventare un macigno in tribunale
Davvero i sindaci hanno sbagliato tutti? O c’è invece una regia politica che spiega meglio questa forzatura? Tre ipotesi
Tre sono le ipotesi.
La prima è che i sindaci abbiano volutamente calcato la mano. Mettendo sul tavolo un’operazione al limite, per poi presentarsi dopo la bocciatura con una versione più temperata ma non più rifiutabile. Vecchio trucco: volevamo cento, ci accontentiamo di cinquantuno. In questo schema la Corte diventa quasi un alleato – per far passare come equilibrato ciò che equilibrato non è comunque.
La seconda ipotesi è la più estrema: ottenere davvero il massimo. Perché nelle intenzioni storiche del PD l’operazione non si ferma al controllo industriale: l’obiettivo finale è la cessione totale di Aimag a Hera. La bocciatura della Corte può persino diventare un’arma politica: un’occasione per dire che non ci sono alternative. L’azienda da sola non reggerà: l’unica strada percorribile è quella dell’incorporazione nel colosso bolognese. E così mettere a tacere anche la destra – storicamente ostile a Hera – schiacciandola sotto il peso dell’ineluttabilità certificata dal giudizio contabile.
La terza è la più cinica. Ma forse anche la più realistica: andare avanti lo stesso. Perché il parere della Corte non è formalmente vincolante: basterebbe approvare di nuovo le delibere, motivare le ragioni della scelta, prendersi la responsabilità politica e giuridica. In altre parole: tirare dritto. Contando sul fatto che in aula le maggioranze cedono sempre ai diktat e le opposizioni non hanno la forza di fermare il processo.
Il parallelo più vicino è con il caso A2A-AEB. Un’analoga operazione di diluizione del controllo pubblico attraverso un aumento di capitale, che fu stoppata dal Consiglio di Stato per violazione delle regole di concorrenza. Lì come qui i sindaci sostennero che si trattava di un passaggio tecnico, inevitabile: di un rafforzamento necessario dell’azienda, sostenuto da fior di pareri. I giudici dissero che era invece una cessione sostanziale di controllo senza gara.
Amministratori e dirigenti sono però finiti a processo. Con accuse di turbativa d’asta e di danno erariale. La lezione è semplice: ciò che la politica può far passare con i numeri in consiglio comunale può diventare un macigno in tribunale. E gli amministratori che oggi parlano di rafforzamento del pubblico rischiano di ritrovarsi domani sul banco degli imputati. In mutande.
Eli Gold
Da anni Lapressa.it offre una informazione indipendente ai lettori, senza nessun finanziamento pubblico. La pubblicità copre parte dei costi, ma non basta. Per questo chiediamo a chi quotidianamente ci segue di concederci un contributo. Anche un piccolo sostegno, moltiplicato per le decine di migliaia di lettori, è fondamentale.
Il profeta del 'Sì sì vax' dichiara di essere finanziato da aziende che producono vaccini: ma dirlo ora è tardi
Rifiuti, Mezzetti ha osato criticare Hera e ora paga lo scotto. Stessa cosa per Righi su Aimag
Segreteria Pd Modena, l'ora delle candidature: contro Paradisi Muzzarelli pensa a Lenzini o addirittura a se stesso
Zone Rosse a Modena: è la conferma che siamo in emergenza criminalità
Segni di vita nella componente ex Margherita all'interno del Pd della Schlein
Devianza giovanile a Modena: giusto fotografare la complessità, ma dopo l'analisi serve il coraggio di cambiare
Zone Rosse: Modena naviga a vista su un mare di ricette 'vecchie' che distraggono dal problema
Movida regolamentata, buonsenso seppellito dal fuoco amico anti-Mezzetti

 (1).jpg)
