Ci aveva un po’ stupiti – ma non di certo illusi – il
forte comunicato di ieri. Con il quale AVS Terre D’argine pareva prendere le distanze dal PD Terre D’argine e dalla Lega della bassa nella cessione di quote e controllo della multiutility mirandolese a Hera.
Sapevamo per esperienza che AVS Carpi
non avrebbe retto alle pressioni di Riccardo Righi. Che su questa operazione si gioca molto del suo futuro. Lui che pur non essendo del PD deve dimostrare al PD di poter andare oltre quanto fecero i suoi predecessori, specie Alberto Bellelli. E concretizzare quegli accordi con Hera che risalgono a più di vent’anni fa.Pressioni notevoli quindi. E giustamente indirizzate: verso l’unico consigliere di AVS, Andrea Artioli, che è anche Presidente del Consiglio comunale – e che conosciamo in negativo per gli attacchi
scomposti al nostro giornale. Perché Righi avrà immaginato che nella scala delle priorità per Artioli ci sia innanzitutto preservare il proprio ruolo di Presidente: ruolo che offre prestigio e – non guasta – un’ottima remunerazione. E qui emerge tutto quel complesso conflitto di interessi che avevamo paventato ai tempi della nomina di Artioli, che ha di fatto azzerato il suo gruppo politico: perché una volta saliti sullo scranno più alto del Consiglio è difficile essere liberi e oggettivi nelle valutazioni e fare la volontà dei cittadini elettori.
E sfidiamo Artioli a portarci anche solo 10 dei suoi 100 elettori personali che siano a favore della privatizzazione dell’acqua.Ma pur sapendo come vanno queste cose, non avremmo mai immaginato che il contro comunicato di Artioli sarebbe arrivato solo dopo
una quindicina di ore dal primo, che risale al tardo pomeriggio di ieri. Un record, veramente. Che però mette forti dubbi: da un lato sulla stabilità politica di AVS Carpi, capace di dire e contraddirsi nello spazio di mezza giornata; dall’altro sulla capacità della sinistra carpigiana di mantenere le proprie posizioni in merito alla necessità di un controllo pubblico della gestione dei servizi locali.Perché se il comunicato di ieri, come chiarito con quello di oggi, non è un preavviso di contrarietà sull’atto di cessione, non si vede cosa possa essere. Delle due l’una: se Righi non ha raccontato bugie, la cessione si deve concretizzare entro giugno in modo da ratificare bilanci, cessione e dividendi entro i termini di legge e – soprattutto – entro le scadenze imposte dalle banche. Quindi inutile chiedere a Righi di discutere e approfondire con i tempi biblici della sinistra.
Se invece Righi ha mentito sull’ineludibile impellenza dei termini, come pareva emergere dal primo comunicato, è Righi che va mandato a casa, non Artioli.
Ma andare a fondo in questa vicenda richiederebbe un coraggio politico che la sinistra carpigiana, abituata da lustri a essere il rimorchio acritico del PD, non potrà mai avere.
Magath