Consegnare Aimag a Hera: la vera ossessione del Pd emiliano
Ogni dieci anni lo ripropone, con la stessa certezza che il territorio eseguirà senza fiatare. Con le stesse delusioni. Si partì nel 2009
Sette anni dopo, 2016: stessi nomi, parti invertite. Schena, divenuto presidente della Fondazione Cassa Carpi, propone il concambio delle 'sue' quote Aimag con Hera. Doveva servire a superare i tentennamenti del sindaco Alberto Bellelli, intenzionato a sua volta a cedere ma impaurito dal referendum sull'acqua pubblica. Sullo sfondo l’ombra lunga di Davide Baruffi, regista del partitone modenese e oggi regionale. A bloccare tutto arriva Simone Morelli, vicesindaco e delegato alle nomine da Bellelli – fra le quali proprio la presidente di Aimag, Monica Borghi. Morelli si fa forte della vicinanza con il vescovo Cavina e con Campedelli, bisognoso del suo appoggio politico. La Fondazione boccia, Schena perde la poltrona, Campedelli ne diventerà vicepresidente, Baruffi metabolizza in attesa di tempi migliori.
Il tempo arriva con Daniela Depietri. La segretaria PD parte da lontano e costruisce il puzzle pezzo dopo pezzo: Paola Ruggiero entra in Aimag, prima nel CdA e poi come presidente. Non è solo un profilo tecnico, è una scelta politica. Vicina alla Depietri - con la quale condivide la passione per Bella Ciao - già candidata Dem a Carpi nel 2019 e moglie di Valter Caiumi, ex presidente di Confindustria: un incrocio perfetto tra nostalgia, partito e potere economico. La figura chiave per riaprire il dossier Hera.
Il rilancio avviene nel 2024. A Carpi non c’è più un sindaco PD ma Riccardo Righi, civico in apparenza e Dem inside. È lui a sottoscrivere “a nome di tutti i Comuni soci”, il 26 settembre, la PEC che incarica il CdA di Aimag a trattare con Hera. Mandato cruciale, eppure senza copertura politica: nessun programma elettorale lo prevedeva, nessun consiglio comunale lo ha deliberato. Una scelta calata dall'alto. Da chi?
Ma la macchina perfetta si inceppa ancora una volta. Subentrano i primi dubbi, l'operazione è troppo arzigogolata e i numeri incomprensibili. In primavera le crepe diventano voragini: i comitati spingono, a Monza iniziano i processi per A2A, Righi non si fida più, chiede a sua tutela pareri a esperti che gli consegnano testi pieni di distinguo. Qualche sindaco si sfila, la Corte dei Conti stronca l’operazione, i consiglieri prendono coscienza, è fuga generale. Depietri prova a arginare: per cinque giorni cerca almeno di ottenere un comunicato comune per le Terre d’Argine. Ma Novi ne resta fuori. Così rimane sola, a difendere un disegno indifendibile. Gli stessi settimanali di riferimento si sfilano e Righi, che aveva messo firma e faccia sull'operazione, resta senza scudo politico e mediatico.
E l’ossessione Hera, che da quindici anni divora il partitone, mostra l’altra faccia: un PD che non dirige più, ma arranca dietro agli eventi.
Magath
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