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Modena, ennesimo tragico suicidio in carcere: i commenti raccapriccianti di una umanità senza vergogna

Modena, ennesimo tragico suicidio in carcere: i commenti raccapriccianti di una umanità senza vergogna

Il Governo strizza l'occhio alla parte peggiore di ciascuno e si rifiuta di prendere in mano la situazione con una seria politica di edilizia carceraria


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Ieri sera in carcere a Modena un detenuto marocchino di 25 anni si è tolto la vita. Era un imputato in attesa di giudizio. Si tratta del quinto detenuto che da inizio anno ha deciso di suicidarsi nel penitenziario modenese. Un episodio tragico che testimonia ancora una volta lo scandaloso stato della sistema penitenziario italiano. Un sistema sovraffollato al limite dell'implosione, con celle che d'estate raggiungono i 50 gradi, con gli stessi agenti della polizia costretti a lavorare in condizioni proibitive.
I numeri presentati lo scorso anno dal Garante per il Comune di Modena dei diritti delle persone private della libertà personale sul carcere di Modena parlano da soli: 270 episodi di autolesionismo, 40 tentati suicidi, 536 detenuti presenti su una capienza pari a 372 persone.
 

Davanti a tutto questo lasciano esterrefatti i commenti lasciati sui social da centinaia di utenti. Dal 'non ci mancherà' di salviniana memoria, al raccappricciante 'uno di meno'. E ancora 'pazienza', 'pensava di essere in un resort', 'capita', 'per essere in carcere qualcosa avrà fatto'... E via di questo tono.
Protetta dietro a uno schermo, una fetta di umanità si lascia andare al lato peggiore di sè, a una bestialità degna della folla indemoniata descritta da Manzoni che, spaventata dal contagio pestilenziale, diviene più pericolosa del contagio stesso.
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A quel ragazzo marocchino che si è tolto la vita ieri sera alle 20 per la situazione invivibile di un carcere modenese, mentre a poche centinaia di metri di distanza tante famiglie riunite a tavola aspettavano la Ruota della fortuna di Gerry Scotti, questa fetta di umanità regala un ulteriore insulto, uno sputo sul suo cadavere, un 'ben gli sta' che trasforma chi lo dice in un animale.
 

Eppure questo è. E se lo schermo sul quale si commenta con giubilo un sucidio si trasformasse per qualche istante in uno specchio, non vi sarebbe nascondiglio dove rifugiarsi per sfuggire alla vergogna. La vergogna di una umanità che confonde la sacrosanta esigenza di far rispettare le regole e di fotografare l'evidente correlazione tra reati e immigrazione, con la vendetta cieca (e senza sentenza) verso chiunque si trovi in cella. Indipendente dal motivo per cui è lì, dalla sua età, dalla sua storia, da come si chiamava sua mamma o suo babbo.
Per quello che ci riguarda, sulla pagina social de La Pressa abbiamo cancellato buona parte di quei commenti, ma il flusso è continuo, il web ne è pieno.
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Tutto questo mentre il Governo strizza l'occhio alla parte peggiore di ciascuno e si rifiuta di prendere in mano la situazione con una seria politica di edilizia carceraria e con investimenti veri. 'Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato' - recita l'articolo 27 della Costituzione italiana. Ecco, la realtà oggi in Italia ha sostituito la parola 'rieducazione' con 'tortura' e, quel che è peggio, nessuno protesta.
Giuseppe Leonelli
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Direttore responsabile della Pressa.it.
Nato a Pavullo nel 1980, ha collaborato alla Gazzetta di Modena e lavorato al Resto del Carlino nelle redazioni di Modena e Rimini. E' stato vicedirettore...   

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