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Modena, preghiere contro l'aborto: ecco qua i facinorosi che 'intimidiscono' le donne

Modena, preghiere contro l'aborto: ecco qua i facinorosi che 'intimidiscono' le donne

Non tutto ciò che non si condivide è 'violenza'. A volte è un segno, una presenza che interroga, che mette a disagio, che può anche destabilizzare senza volerlo


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L’Assemblea Legislativa dell’Emilia-Romagna ha di recente approvato una risoluzione, presentata da M5S e AVS, 'chiedendo di fermare le manifestazioni anti-abortiste davanti a consultori e ospedali. Il documento impegna la Giunta a sollecitare Governo e Parlamento affinché siano introdotte “zone di accesso sicuro” intorno alle strutture sanitarie per garantire un ambiente libero da pressioni e intimidazioni'.
Anche il sindaco di Modena, Massimo Mezzetti, ha sottoscritto questa tesi. 'Ho accolto con soddisfazione l’iniziativa dei consiglieri regionali di centrosinistra che hanno votato una risoluzione nella quale si chiede di non autorizzare le veglie di preghiera contro l’aborto che si svolgono davanti agli ospedali - ha detto Mezzetti -. Mi sono espresso più volte sul tema: si può manifestare il proprio pensiero, ma non esercitando quella che ho definito una subdola forma di violenza sulle donne che accedono a una pratica garantita da una legge dello stato. Grazie a chi sta portando avanti questa battaglia sacrosanta in Regione'.
Al di là delle strumentalizzazioni, dello scontro tra favorevoli e contrari, al di là della mancata applicazione dello spirito della legge 194 e del valore profondo e misterioso della preghiera, al di là di ogni rispettabile pensiero laico o ateo, forse basta uno sguardo veloce, dal finestrino
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dell’auto, per avere la corretta dimensione della realtà.
Davvero è violento un uomo anziano seduto su una sedia, con il rosario in mano, che prega in silenzio a duecento metri da un ospedale? Forse no. Forse rappresenta semplicemente la fragilità di un credente che, nel suo modo, cerca di dare senso al mondo. Senza colpevolizzare nessuno. E' comprensibile anche il disagio di chi, entrando in ospedale in un momento difficile, possa sentirsi giudicato o osservato, ma la verità è che la realtà è più complessa delle etichette.
Non tutto ciò che non si condivide è “violenza”. A volte è solo un segno, una presenza che interroga, che mette a disagio, che può anche destabilizzare, senza volerlo. Esattamente come mette in crisi la mano tesa di un senzatetto che chiede l'elemosina, interrogando implicitamente ciascuno su parole come giustizia, solidarietà, umanità.
La difficoltà sta nel distinguere l’aggressione dalla testimonianza, la coercizione dal simbolo, la condanna dal silenzio. Perché le parole pesano. E chiamare “violenza” ciò che non lo è rischia di svuotare di significato la vera lotta contro ogni violenza.
g.leo.
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Direttore responsabile della Pressa.it.
Nato a Pavullo nel 1980, ha collaborato alla Gazzetta di Modena e lavorato al Resto del Carlino nelle redazioni di Modena e Rimini. E' stato vicedirettore...   

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