Dopo tre anni
si conclude l’esperienza di Roberto Solomita alla guida del PD provinciale. Ultimo della “trilogia del Secchia”, dopo Stefano Bonaccini e Davide Baruffi, Solomita è in realtà asceso ai vertici del partito più per meriti propri che per l’effetto traino dei suoi pur illustri predecessori e amici. Di Davide Baruffi è stato capo di gabinetto ai tempi del secondo mandato a Soliera. Quando Baruffi, fra il 2006 e il 2007, è diventato coordinatore della segreteria dei DS, poi confluiti nel PD. PD del quale lo stesso Baruffi è diventato segretario provinciale nel 2010, al traino di Bonaccini eletto segretario regionale. Ma rispetto ad essi, che negli anni si sono autocandidati e autopromossi a ruoli di primo piano a livello regionale, nazionale e europeo, Solomita ha puntato più che altro alle vittorie del partito. Puntando e ottenendo che in ogni comune – tranne forse Mirandola – venissero davvero scelti i candidati migliori a prescindere da correnti e correntine. Portando a casa vittorie un po’ ovunque, in alcuni casi clamorose per il divario nei confronti delle destre – come nella fascia Modena, Carpi e Soliera – in altri per l’esito stesso, come a Sassuolo e in tutta la zona ceramica.
Ma il vero capolavoro politico di Solomita è stato a Modena. Dove vista l’oggettiva e insuperabile difficoltà nella quale s’è trovato il partito dei “10 piccoli indiani” - usando la definizione data dal commissario di Azione, Paolo Zanca - è riuscito a risolvere d’un botto i problemi grazie all’intuizione di candidare Massimo Mezzetti. Da lui corteggiato per mesi e mesi, visto che le difficoltà le aveva previste ben prima degli altri, assieme al repubblicano Paolo Ballestrazzi. Solomita ha mostrato di avere tutt’altro spessore e qualità, sempre politicamente parlando, rispetto alla segretaria cittadina Federica Venturelli. Che pur avendo la responsabilità politica e organizzativa di quelle primarie mancate, e pur essendosi nonostante tutto autopromossa in giunta, oggi deve ancora presentare le dimissioni dalla segreteria, nonostante l’oggettiva incompatibilità con il suo ruolo nell’esecutivo locale. Perché – almeno a leggere le interviste di questi giorni – il suo ruolo è necessario all’ex sindaco Giancarlo Muzzarelli per avere qualche chance alle regionali del prossimo autunno. Perché già dai primi interventi programmatici e operativi della giunta Mezzetti, si nota la marginalizzazione in atto del predecessore. Mezzetti, con piccole e grandi cose, sta avviando un nuovo dialogo con la città e la politica tutta – mentre l’unico dialogo politico veramente noto a Muzzarelli è sempre stato il soliloquio.
Non è un caso che Solomita, di Mezzetti, ne sia diventato il capo di gabinetto e forse l’uomo più vicino e fidato nel nuovo esecutivo. Non tanto per le seppur indiscusse capacità amministrative. Quanto per il fiuto politico, per la vicinanza politica e per quella culturale.Ma anche per la sua indipendenza di pensiero – senza la quale non ci sarebbe stato nessun Mezzetti a Modena. Perché Solomita nella sua gestione ha certamente usufruito dell’appoggio di Bonaccini e Baruffi, ma si è sempre dimostrato indipendente e capace di far valere le proprie ragioni. Come nel dibattito sul confitto fra Ucraina e Russia organizzato a gennaio 2023 da
La Pressa, dove Solomita – a confronto con lo storico Giovanni Fantozzi, Lanfranco Turci di Mvp e Luciano Lago de La Terra dei Padri - si confrontò apertamente e dicendo cose scomode anche per il suo partito. A differenza di essi, poi, Solomita non ha mai manifestato quell’arroganza e quell’antipatia che sono proprie del potere. Anzi: si mostra anche capace di ironia e autoironia, riuscendo a dire in assemblea provinciale: “so che siamo più abituati, e forse a nostro agio, con l’analisi della sconfitta.
Ma facciamocene una ragione: queste elezioni le abbiamo vinte”. Difficile in effetti fare meglio. A lui non mancherà il PD, ma al PD mancherà lui.
Eli Gold