L'ex sindaco di Montecreto Cadegiani sulla 'repubblica Lamantecreto'
Gi? con la piena, le notizie che scorrono a valle: l'intervista
Eravamo rimasti ad una richiesta di emendamento proposto dal sottoscritto unitamente ad altri sindaci della provincia di Modena, che riguardava la suddivisione degli ambiti territoriali ottimali, dove si richiedeva di emanare una legge regionale più consona ai fabbisogni del territorio. Non avevo né ho pregiudiziali su percorsi di fusione tra enti, ma emanare norme dove si identificano ambiti territoriali ottimali troppo estesi non fa altro che procurare irrigidimenti da parte dei cittadini che, volenti o nolenti, erano e sono chiamati a decidere su questi argomenti per il proprio futuro. La proposta dei sindaci “ribelli” Bonucchi (Marco di Sestola), Cadegiani (Montecreto) e Nizzi (Fiumalbo) era di favorire una unione dell’alto Frignano che comprendesse i sei comuni della cintura del Cimone, staccata dagli altri quattro. La regione disse no e furono promossi dei sub-ambiti in seno alla nascente Unione del Frignano per Sestola, Fanano e Montecreto da un lato e Riolunato, Pievepelago e Fiumalbo dall’altro. Anche qui a che punto siamo?
Non solo la regione cassò quella proposta fatta, oltre che dai tre “ribelli” anche da altri sindaci quali Frassinoro, Guiglia, Montefiorino e Montese; ma negarono la possibilità di costruire due sub ambiti ad hoc, uno rappresentato dai comuni dell’Alto Frignano ed uno rappresentato dai comuni più collinari del Frignano stsso. Questo anche ad una opposizione tenuta pure a livello mediatico dei comuni di Riolunato, Pievepelago e Fanano. Non sarebbe stato meglio, col senno di poi, restare in consiglio, al di là delle motivazioni personali, per dire la propria su questo studio di fattibilità? O non è un caso che questo emerga proprio per l’assenza di opposizione?
Penso non sarebbe stato ne meglio ne peggio. Le mie dimissione furono date per motivi personali gravi, al di là di strumentalizzazioni fatte immediatamente dopo la formalizzazione delle stesse. Sarei rimasto invischiato tra i predetti problemi e i problemi amministrativi, non riuscendo di fatto a far bene né l’uno né l’altro impegno. Ne approfitto per ringraziare tutti gli eletti di minoranza che decisero di sostenermi anche in questa decisione non occupando gli scranni in consiglio lasciati vacanti per pura e semplice solidarietà nei miei confronti: a livello umano ne vado orgoglioso! Può anche darsi che questa proposta avvenga anche grazie alla mancanza delle minoranze in entrambi i comuni, e lo si può mettere in conto, ma oggi sottovalutiamo due fatti basilari: il primo è che il cittadino ha raggiunto una maturità tale da formarsi opinioni anche senza la presenza di formazioni politiche nei consigli comunali. La seconda è che si può far politica anche non ricoprendo incarichi amministrativi: pensiamo alle strumentalizzazioni politiche che la minoranza avrebbe dovuto rintuzzare se ancora fosse stata presente all’interno del consiglio comunale, e questo a discapito di una serena e costruttiva discussione nel merito. Altri esponenti di opposizione, come Magnani a Polinago quando in merito a questo studio si è tornati a quello che aveva coinvolto Lama Mocogno e la stessa Polinago, dicono che sono da privilegiare le gestioni associate rispetto alle fusioni, perché in un comune piccolo è più facile controllare le spese dell’ente. Che però fatica ugualmente a sopravvivere. Qual’è la strada migliore?
La migliore strada rimane la buona amministrazione. Veniamo da esperienze che anche le gestione associate a volte possono essere più dispendiose e meno pronte a garantire i servizi sul territorio. Non c’è altra ricetta che questa. Se poi parliamo di futuro la cosa cambia, occorre puntare ad un ambito ottimale ben contraddistinto da peculiarità territoriali, orografia, economie, tipologia e conformazione sociale, esperienze di gestione associata dei servizi. Non è mettendo insieme comuni molto estesi territorialmente ma con pochi abitanti che si aiutano questi processi. Come non si hanno esiti favorevoli quando si pretende di innestare ragionamenti di fusioni tra enti calati dall’alto e da formalizzarsi in tempi brevi. Una fusione deve essere il frutto di cognizioni e valutazioni che necessitano appunto di tempo. Tempo e discussione necessaria affinché i cittadini possano assimilare questi concetti. Stefano Bonacorsi
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