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Aumenta spesa militare, un solo ritornello: 'Ce lo chiede la Nato'

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L'Italia è un Paese a sovranità limitata e se la Nato ordina, si obbedisce. Null'altro da dire, nessun altro argomento in campo


Aumenta spesa militare, un solo ritornello: 'Ce lo chiede la Nato'
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Sull'aumento della spesa militare fino al 2% del Pil Draghi con l'appoggio di Mattarella va al braccio di ferro con la sua maggioranza M5S. Ma qual è la ratio che giustifica l'operazione? Quali sono gli argomenti di chi pensa sia necessario investire di più in Italia, circa 13 miliardi, per correre ad armarsi?
A ben vedere l'unico argomento adottato dal Governo, sostenuto in pieno dal Pd, si traduce in una frase: 'Ce lo chiede la Nato'. Lo ha detto chiaro e tondo due giorni fa il ministro della Difesa Guerini in una lettera a La Stampa.
'Il confronto politico di queste ore si è soprattutto soffermato sulla questione degli impegni assunti nel 2014, al vertice in Galles, dai Paesi membri dell’Alleanza atlantica e quindi anche dall’Italia, sul raggiungimento dell’obiettivo del 2% del Pil per le spese della Difesa dei singoli Stati entro il 2024 - ha detto Guerini -.

Impegno sottoscritto dall’allora governo italiano in carica e riaffermato da tutti i presidenti del Consiglio, nessuno escluso, negli anni seguenti nelle dichiarazioni formali conclusive sottoscritte alla fine di svariati summit e confermate anche a quello di Londra, nel dicembre 2019. La credibilità di un Paese e, a mio giudizio, dei suoi leader, è un capitale fondamentale sul piano delle relazioni internazionali. Probabilmente il più importante. È un concetto che va tenuto bene a mente, anche quando rischia di scontrarsi con immediati interessi politici o elettorali'.
Poche parole che spiegano bene la situazione. E' vero che l'Italia ripudia la Guerra, è vero che siamo tutti pacifisti, è vero che il Pd appoggia quei simpaticoni dei ragazzi dei Fridays for future, è vero che il Papa è una guida morale e le sue parole sulla follia di armarsi sono importanti, ma è più vera un'altra cosa.

Quale? Che l'Italia deve obbedire alla Nato.
Il succo è tutto in questo concetto. L'Italia è un Paese a sovranità limitata e se la Nato ordina, si obbedisce. Null'altro da dire, nessun altro argomento in campo. E' così e basta. E i giornali principali, le tv nazionali applaudono. A prescindere.

I numeri dei produttori
Giova comunque ricordare chi davvero guadagna da questa folle corsa ad armarsi. Una inchiesta de L'Espresso (qui) del dicembre 2021 sintetizza bene il quadro dei cosiddetti 'signori delle armi'.
In base al reportage del settimanale nel 2020 le vendite dei 100 maggiori produttori di armi al mondo sono ammontate a 531 miliardi di dollari (circa 470 miliardi di euro), in aumento dell’1,3% rispetto al prepandemico 2019, il che conferma un trend positivo nel settore della armi e dei servizi militari in un'annata in cui secondo il Fondo monetario internazionale l’economia globale ha registrato una contrazione di 3,1 punti percentuali. Da evidenziare inoltre che la vendita di armi delle 100 aziende leader è aumentata del 17% nell’arco di soli sei anni.
A dominare il mercato globale delle armi ci sono le aziende statunitensi, le quali occupano 41 dei 100 posti in classifica e registrano un giro d’affari di 285 miliardi di dollari (+1,9%), il che equivale al 54% delle vendite mondiali. I produttori USA occupano i primi cinque posti della classifica, guidata da Lockheed Martin che nel 2020 ha incassato 58,2 miliardi di dollari dalla vendita di armi e servizi militari. Secondo posto per Raytheon Technologies (36,8 miliardi), nata dalla recente fusione tra Raytheon Company e United Technologies Corporation. Sul podio anche Boeing (32,1 miliardi).
Alle spalle dei gruppi statunitensi si classificano cinque società cinesi che assieme rappresentano il 13% del totale della vendita di armi (66,8 miliardi ovvero l’1,5 % in più rispetto al 2020), mentre la terza posizione è occupata dal Regno Unito con sette aziende in grado di generare un giro d’affari complessivo pari a 37,5 miliardi dollari (7,1 % del totale). Spicca la BAE Systems con sede a Londra che si è classificata sesta (24 miliardi) ed è quindi la prima tra le società non americane oltre ad essere l’unica rappresentante del Vecchio continente nella top 10.
A rappresentare l’Unione Europea, oltre al colosso dei cieli Airbus (undicesimo in classifica con 11,9 miliardi di dollari di vendite militari su un giro d’affari totale pari a 56,8 miliardi), ci sono sei società francesi (Thales, Safran, Naval Group, Dassault Aviaytion Group, CEA e Nexter), quattro tedesche (Rheinmetall, ThyssenKrupp, Krauss-Maffei Wegmann e Hensoldt), mentre Svezia (Saab), Polonia (PGZ), Spagna (Navantia) e Norvegia (Kongsberg Gruppen) hanno una rappresentante ciascuna. Due le italiane, entrambe tra le prime 50. Leonardo e Fincantieri assieme hanno generato vendite per un totale di 13,8 miliardi, pari al 2,6% del fatturato complessivo delle top 100.

Giuseppe Leonelli

Redazione Pressa
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La Pressa è un quotidiano on-line indipendente fondato da Cinzia Franchini, Gianni Galeotti e Giuseppe Leonelli. Propone approfondimenti, inchieste e commenti sulla situazione politica, ..   Continua >>


 
 
 
 

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