Modena, il carcere è un inferno: 3 suicidi in pochi giorni. Una vergogna

I carcerati possono aver commesso atti terribili, che hanno causato morte e imperdonabili per i parenti delle vittime, ma trasformare il carcere in un luogo di tortura fisica e psicologica è indegno di un paese civile
Oggi i parlamentari modenesi Pd Vaccari, Guerra e Rando sono intervenuti chiamando in causa il ministro Nordio e ricordando il sacrosanto principio costituzionale della pena finalizzata alla riabilitazione, va bene, lo avranno fatto in chiave strumentale, ma hanno ragione. Così come hanno torto tutti gli esponenti del centrodestra che tacciono perchè sanno che alla gente dei detenuti non frega nulla e che - in fondo in fondo - pure la pena di morte non è così invisa.
Eppure non importa quanto sia impopolare dirlo, va ugualmente gridato: trasformare il carcere in un luogo di tortura fisica e psicologica è indegno di un paese civile. I numeri presentati a ottobre dal Garante per il Comune di Modena dei diritti delle persone private della libertà personale sono da incubo: 270 episodi di autolesionismo, 40 tentati suicidi, 536 detenuti presenti su una capienza pari a 372 persone.
Alcune persone sono in carcere dopo aver commesso atti terribili, che hanno causato morte, imperdonabili per i parenti delle vittime, ed è doveroso paghino fino in fondo per i propri errori, ma il prezzo non può essere il baratro del suicidio. Non è così che si ripaga il male commesso, non è così che si offre un futuro migliore alle nuove generazioni. L'articolo 27 della Costituzione afferma che 'le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato'. Ora mettiamoci d'accordo: o la Costituzione non vale più nulla e può essere interpretata a seconda del sentimento, della rabbia, della voglia di vendetta del momento, oppure va rispettata. A garanzia di tutti.
Oggi a Modena la Carta costituzionale è calpestata. La soluzione per ripristinare una condizione umana nelle celle non è immediata, servono investimenti e progetti, ma mettere la testa sotto la sabbia e gridare al 'gettate la chiave' è da dannati.
Giuseppe Leonelli
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