Speriamo che Andrea Bosi, nuovo amministratore delegato di Amo e coinvolto più o meno consapevolmente nelle tristi vicende dell’azienda pubblica modenese, abbia fatto buone ferie. Perché il mese prima delle ferie e il rientro non sono dei migliori. Presto detto: non ne ha azzeccata una.In primis nella gestione degli aspetti tecnici e politici della vicenda. Tutta orientata allo spettacolo, come l’adesione di Amo a Avviso Pubblico: che potrà avere un senso simbolico, ma che non aggiunge assolutamente nulla al caso in esame. Perché Avviso Pubblico promuove “la cultura della legalità costituzionale, della trasparenza e dell’integrità nella politica, nella pubblica amministrazione e sui territori”. Mentre qui, per quanto ci hanno raccontato finora, si tratterebbe di quasi 500.000 euro sottratti da una dipendente infedele. A meno che Bosi non stia ipotizzando, prima delle indagini, che ci sia ben altro rispetto alla narrazione, finora fatta e non smentita, della responsabilità unica della dipendente infedele.Passando poi al
licenziamento del direttore Daniele Berselli – che subito mette in discussione la narrazione. Potrebbe essere più il risultato delle pressioni del sindaco Massimo Mezzetti - che ha già pronto il dirigente Roberto Bolondi come sostituto - che una scelta di Bosi. Ma così facendo, l’azione nei confronti della dipendente viene rafforzata o indebolita?
Perché se lo scopo è recuperare da Berselli le somme che non si riusciranno a recuperare dalla dipendente, questo passaggio così forte andava fatto dopo. E comunque Berselli, almeno da un punto di vista logico, dovrebbe rispondere assieme a tutti gli altri attori, fra dirigenti, amministratori, revisori e sindaci. Nel mentre, quello che è certo è che è stato messo alla berlina un dirigente pubblico stimato. E che nessuno seguirà adeguatamente Amo nel periodo più delicato dell’anno: quello della pianificazione dei trasporti per l’inizio delle scuole.Per arrivare alla sentenza di oggi. Perché chiunque conosca anche solo un minimo di procedura civile, sa che – nonostante le conferenze stampa e gli annunci in pompa magna di Bosi - il decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Modena è un clamoroso fallimento per Bosi e per i suoi legali. Il Tribunale ha sì concesso il decreto ingiuntivo – atto quasi dovuto. Ma il decreto, non essendo provvisoriamente esecutivo, in caso di opposizione forzerà la restituzione delle somme solo dopo la fase processuale. Che potrebbe durare anni.Senza scendere troppo in tecnicismi, il Giudice ha ritenuto che non ricorrano i presupposti per ingiungere il pagamento senza condizioni delle somme.
Non essendo stato adeguatamente dimostrato il pericolo di un grave pregiudizio nel ritardo - il Giudice, senza esplicitarlo, avrà valutato l’inerzia stessa di Amo – e non essendo stata allegata adeguata documentazione sottoscritta dalla dipendente a supporto della richiesta.Una sentenza, quella che Bosi vorrebbe portare come successo assoluto, che apre a tantissimi interrogativi e che rende la strada verso il recupero delle somme tutta in salita. Perché dal momento della scoperta degli ammanchi, viste le incredibili lentezze, sono già passati quattro mesi. E con questa sentenza potrebbero passare anni.
Magath