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'Commissione Bibbiano, 237 pagine che non dicono nulla'

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Callori (Fdi): 'Questa relazione non dà le risposte a quelle famiglie che volevano chiarezza su questo tema'


'Commissione Bibbiano, 237 pagine che non dicono nulla'
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'Un non addetto ai lavori, leggendo queste 237 pagine, alla fine dice: “Va bene, è stato un bel racconto, ma alla fine cosa abbiamo concluso?”. Abbiamo concluso poco o niente. Io avrei voluto sentire e leggere altro nelle conclusioni'. Così il consigliere regionale di Fratelli d'Italia Fabio Callori interviene sulla relazione della commissione Bibbiano.


'Questa relazione di 237 pagine l’ho letta attentamente. Ecco cosa ho visto - afferma Callroi -. Innanzitutto si inizia con quattro pagine, dove si elencano i partecipanti a questa Commissione; poi ci sono sedici pagine che spiegano le normative nazionali, quindi le discipline, i princìpi, l’affidamento, le norme; per poi arrivare a venti pagine, di leggi e discipline regionali, questa volta: quindi, parliamo di legge regionale, di ruolo degli enti locali, delle équipe territoriali, dell’affidamento, dell’accoglienza e delle varie direttive che negli anni si sono susseguite e sono state approvate: la 1904 del 2011, la 1102 del 2014, la 1677 del 2013.

Poi abbiamo cinque pagine di Linee di indirizzo nazionali, anche qui si parla di affido, di tutela, di sostegno; poi arriviamo a quattro pagine di segnalazioni al Garante, tutto quello che è stato segnalato; abbiamo poi cinque pagine che parlano di proposte di legge; per arrivare a un pacco di 87 pagine dove si elencano tutti i dati, le fonti, i minori in carico, i minori in affido, i minori in comunità, la spesa sostenuta e un confronto tra i numeri legati al nazionale e anche, addirittura, all’internazionale. Poi abbiamo sessantun pagine che recitano le attività della Commissione, abbiamo l’elenco delle persone che hanno parlato, che sono state audite, i documenti consegnati, le problematiche, il sostegno, i rapporti, la supervisione, tutto quello che è avvenuto durante le attività. Dopo 191 pagine, parliamo del problema. Quindi, si inizia a parlare del motivo per cui abbiamo costituito questa Commissione.

Si parla, in undici pagine, di quello che è stato detto nelle varie audizioni, quindi i vari interventi, i vari commenti che hanno fatto gli auditi. Qual è il problema? Che qui c’è scritta una cosa, penso, abbastanza importante: che la Commissione non aveva un mandato specifico per la Val d’Enza. Può anche essere vero, però il problema è nato lì, il problema andava sviscerato, definito e ricercato, eventualmente risolverlo. Si dice che Hansel e Gretel non c’entra, quando invece in più audizioni è emerso che ha avuto un importante ruolo non solo in Val d’Enza, ma in Emilia-Romagna e anche in altre zone dell’Italia. Si parla degli operatori che sono scossi. Va bene, gli operatori saranno scossi, però bisogna anche andare a parlare e ricercare le cause che hanno portato a questa situazione, molte volte, in alcuni casi, poi sarà la giustizia a definirlo, a causa degli operatori'.

'Nelle audizioni si dice che non sono emersi elementi rispetto agli accadimenti della Val d’Enza. Dopo 191 pagine diciamo queste cose. Già qui comincio a chiedermi: è servita questa Commissione o è solo servita per dimostrare che si è voluto far qualcosa, ma alla fine non serve a concludere nulla? Poi abbiamo 13 pagine di conclusioni. Anche qui, norme nazionali, organizzazione dei servizi, si parla ancora di supervisione, si parla della formazione, della promozione, delle famiglie affidatarie e delle strutture di accoglienza. Chiudiamo con 21 pagine di allegati, tutti i documenti che ci hanno fatto avere - continua Callori -. Un non addetto ai lavori, leggendo queste 237 pagine, alla fine dice: “Va bene, è stato un bel racconto, ma alla fine cosa abbiamo concluso?”. Abbiamo concluso poco o niente. Io avrei voluto sentire e leggere altro nelle conclusioni. Innanzitutto, avrei avuto piacere di leggere che un’anomalia su Bibbiano c’è stata. Non possiamo negare, come in tanti hanno negato, che un’anomalia c’è stata. Non chiamiamolo “sistema”. Non lo voglio chiamare “sistema”. La chiamo “anomalia”, perché un’anomalia sicuramente c’è stata. Sarà, chiaramente, la magistratura che andrà a definire chi sono i colpevoli e se sono colpevoli. Diciamo che si era creato un sistema vizioso dove chiaramente c’erano componenti tecniche che hanno agito in malafede, ma dobbiamo dire che c’è stata anche una copertura politica, perché l’uno non solleva l’altro dalle colpe. Avrei voluto leggere che sono state commesse delle irregolarità, come abbiamo più volte sentito. Avrei voluto leggere che le assistenti sociali sono brave, ma non tutte. Come in ogni settore, anche se c’è l’1 per cento o uno solo che non è bravo, dobbiamo farlo emergere, non possiamo far finta di niente. In mezzo a tantissime assistenti sociali brave, abbiamo alcune che non si sono comportate in base alla loro etica. Ce ne vogliono di più e devono essere formate, perché abbiamo sentito e audito in Commissione che non c’è una formazione specifica per le assistenti sociali per quanto riguarda l’abuso. Le università, o chi per esse, devono organizzare corsi specifici per formare anche gli assistenti sociali per questo. Ci si deve attenere anche, come più volte abbiamo sentito e anche in quest’aula si è detto, alle norme della comunità scientifica. Abbiamo visto chi ci ha prodotto dei documenti, il protocollo intervista investigativa della Questura di Roma. Ci hanno prodotto i documenti per quanto riguarda le linee guida per l’ascolto del bambino. È chiaro che anche su questo non si è detto nulla, ma si è lasciato a “ognuno la pensi come vuole”. Manca anche il passaggio, che più volte è emerso, in cui si dice che le assistenti sociali godono di troppa autonomia, hanno troppo potere, hanno troppa discrezionalità, tanto che è emerso anche nell’ultima audizione che la relazione fatta da una assistente sociale è determinante. Abbiamo sentito parlare di difformità tra i servizi delle varie ASL regionali, molte volte non ci sono i requisiti. Serve, è importante avere dei requisiti per quanto riguarda le case famiglia, le comunità educative e anche quando si vanno a definire chi possono essere famiglie affidatarie, perché basta un incontro con l’assistente sociale e uno psicologo e si può decidere che una famiglia può essere una famiglia affidataria'.

'È chiaro che anche questo va sicuramente rivisto. Ci vuole un accreditamento di queste strutture, come si fa per le strutture per gli anziani, perché cambiano le persone, si parla di minori anziché di anziani, ma è chiaro che anche lì ci vuole l’accreditamento - chiude il consigliere meloniano -. C’è un’unità di valutazione di minori, ma senza poteri, quindi ci vuole maggior potere per questa unità, ma soprattutto ci vuole un Garante sopra queste unità che possa avere un controllo, perché più volte si è detto che tra colleghi non ci si giudica, ma si dice che le cose vanno bene. Inoltre, avrei voluto leggere anche qualcosa riferito a come una famiglia può fare per chiedere di rivedere il caso. Ho elencato queste anomalie che ho riscontrato e quello che avrei voluto sentire. È chiaro che questa relazione è insoddisfacente, soprattutto perché non dà risposte. Questa relazione non dà le risposte a quelle famiglie che volevano chiarezza su questo tema'.


Redazione Pressa
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La Pressa è un quotidiano on-line indipendente fondato da Cinzia Franchini, Gianni Galeotti e Giuseppe Leonelli. Propone approfondimenti, inchieste e commenti sulla situazione politica, ..   Continua >>


 
 
 
 

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