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La Commissione tecnica regionale sui fatti della Val d’Enza e di Bibbiano, insediatasi il 22 luglio scorso, ha ultimato il proprio lavoro. Oggi, in viale Aldo Moro, i risultati di questa attività sono stati presentati alla Commissione regionale d’inchiesta istituita dall’Assemblea legislativa e presieduta da due componenti di maggioranza e da uno 5 Stelle (nella foto Raffaela Sensoli, Giuseppe Boschini e Igor Taruffi che pochi giorni fa avevano anticipato i dati sostenendo di fatto 'l'inesistenza' di un Sistema Bibbiano). Un lavoro condotto anche attraverso l’ascolto diretto di quasi 150 persone: gli operatori della rete regionale del sistema di tutela dei minori (dai responsabili di servizio agli esponenti di associazioni di famigliari, ai componenti dei gruppi tecnici regionali) e singoli professionisti con rilevanti competenze istituzionali o specialistiche in questo ambito.
'L’analisi effettuata dalla Commissione negli oltre tre mesi di lavoro evidenzia innanzitutto come la legislazione regionale sia coerente con quella nazionale e si collochi tra i sistemi più attenti in materia di diritto di famiglia e dei minorenni - si legge in una nota -. I fatti della Val d’Enza, se confermati, sarebbero dunque gravissimi ma estranei e incompatibili con l’impianto normativo vigente; conseguenza di prassi non solo distorte, ma opposte rispetto a quanto previsto e raccomandato anche a livello regionale'.
Principali dati emersi
'Tra le principali conclusioni tratte dalla Commissione anche confrontando i dati regionali con quelli nazionali ed europei, è che gli allontanamenti dei minori in Emilia-Romagna sono esattamente nella media nazionale: 2,6 allontanamenti su mille minorenni residenti, e nettamente inferiori a quelli di altri Paesi europei, che ad esempio nel caso di Inghilterra, Germania e Francia raggiungono rispettivamente 6,1, 9,6 e 9,5 su 1.
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Il numero dei minorenni allontanati dal nucleo famigliare in Emilia-Romagna negli ultimi anni mostra un incremento del 4,2%, passando dai 2.181 del 2014 ai 2.272 del 2017. Va inoltre considerato che quando si parla di allontanamento si fa riferimento a diverse tipologie: parziale o a tempo pieno, parentale o etero famigliare, consensuale o giudiziale.
I dati evidenziano anche che in Emilia-Romagna l’affido in famiglia è nettamente la scelta privilegiata; nel 2017, infatti, sui 2.272 casi di allontanamento, i minorenni in affidamento famigliare erano ben più della metà: 1.432, contro 840 inseriti in comunità - afferma la nota regionale -. Per quanto riguarda lo standard di personale previsto dalle Linee di indirizzo regionali del 2014 (almeno 1 assistente sociale ogni 5.000 abitanti), risulta pienamente rispettato su tutto il territorio regionale, con una media di 1 assistente sociale per 3.250 abitanti'.
Il Percorso di qualità della tutela dei minorenni
'Le norme ci sono e sono di buona qualità - questo il giudizio della Commissione - occorre però renderle più cogenti e favorirne l’omogeneità di applicazione su tutto il territorio regionale, a partire dalla gestione associata dei servizi sociali per ambiti distrettuali, che non è stata ancora pienamente realizzata e invece consentirebbe una maggiore disponibilità di personale e risorse. Da qui, la proposta di costruire un “Percorso di qualità della tutela dei minorenni” a regia regionale, omogeneo, monitorabile e cogente per gli enti e i professionisti coinvolti; che lavori con specifici obiettivi: ridurre al mimo la variabilità delle interpretazioni e attuazioni delle norme; sostenere i professionisti (operatori sanitari e sociali, operatori del privato sociale e del terzo settore, esperti giuridici) e le famiglie affidatarie - che costituiscono un grande patrimonio di questa regione - con attività di formazione continua e condivisa, competenze specialistiche e strumenti validati e omogenei; promuovere la figura dell’esperto giuridico (prevista dalla normativa regionale ma poco diffusa) e un’attività di autocontrollo sistematico del sistema sociosanitario che consenta di evidenziare eventuali scostamenti dagli standard - continua la nota -. Alla Regione spetterebbe la funzione di supporto ai servizi e agli Enti locali nell’avvio del Percorso, di monitoraggio e di sostegno alla sua attuazione attraverso il coordinamento delle equipe di secondo livello. In campo anche l’ipotesi di orientare il Fondo sociale regionale a favore dei minori e delle famiglie esclusivamente verso i territori che aderiscono al Percorso'.
Altre proposte avanzate
'Tra le indicazioni fornite dalla Commissione relativamente all’organizzazione del personale dei servizi tutela minori (in capo a Comuni o Unioni con la collaborazione delle Ausl) quella di avere equipe territoriali formate da figure stabili di almeno un assistente sociale e uno psicologo (e, ove possibile, un educatore professionale), che - soprattutto se si occupano di casi di maltrattamento e abuso - abbiano già maturato esperienza in altri settori e un adeguato curriculum formativo. Una delle criticità rilevate, infatti, è che il personale non sempre è sufficiente a sostenere la complessità del sistema, interessato da un elevato turnover e da risorse a volte inadeguate. Altro obiettivo a cui puntare: un sistema di qualità del percorso assistenziale e clinico di tutela che garantisca il monitoraggio e la valutazione periodica di aderenza, da parte dei servizi, alle norme di legge e agli indirizzi regionali; da affiancare, a livello nazionale, a un sistema informativo di raccolta dei dati uniforme, che attualmente manca. Lo studio ha anche fatto emergere, come criticità non solo regionale, una valutazione clinica-diagnostica dei minori non sufficientemente sostenuta da conoscenze e procedure standardizzate, univoche e validate a livello scientifico - chiude la nota -. Tra le necessità evidenziate anche quella di attivare su tutto il territorio equipe di secondo livello multidisciplinari, specialistiche sull’abuso e il maltrattamento, coordinate dalla Regione. Da applicare in modo più omogeneo anche un altro elemento previsto dalle Linee di indirizzo regionali, cioè il lavoro di prevenzione dell’allontanamento e di sostegno alle famiglie in situazione di vulnerabilità, anche attraverso un migliore utilizzo dei Centri per le famiglie, che rivestono un ruolo importante nella promozione di interventi di sostegno alla genitorialità'.