Scandalo Amo, quel desiderio di tutelare il Pd e scaricare i dirigenti fuori dal partito
Eppure, una volta scoperto l'ammanco, le prime quattro azioni che ogni amministratore avrebbe dovuto fare nel più breve tempo possibile, non sono state fatte
Lasciamo stare quanto successo prima del 16 aprile, tutti fatti sui quali la magistratura ha aperto un fascicolo e sui quali ci sono troppe opinioni e voci più o meno controllate e verificate per esprimere un commento compiuto. Ma quanto accaduto dopo il 16 aprile, amministratore Stefano Reggianini, è veramente singolare. Avuta contezza dell’ammanco di circa mezzo milione di euro, se davvero bonificati sul conto corrente di una dipendente, non sono state fatte – o almeno non risulta agli atti e in nessuna ricostruzione – le prime quattro azioni che ogni amministratore avrebbe dovuto fare nel più breve tempo possibile: un esposto alla Procura; un esposto alla Corte dei Conti; un provvedimento d’urgenza per congelare i fondi del responsabile dell’ammanco; informare i soci, in questo caso i sindaci. Tutto ciò avrebbe – forse – permesso di recuperare qualcosa.
Oggi, in fin dei conti, Andrea Bosi opera nel solco di Reggianini e dopo l’inizio da “grande reset” imposto dal sindaco Massimo Mezzetti si è passati alla fase “prima il Pd”. Spostando tutta l’attenzione politica e mediatica sulla ex dipendente accusata da Amo dell'ammanco - oggi si apprende unica indagata da parte della Procura e che il presidente della Provincia Braglia vorrebbe tutti i giorni in prima pagina, pur non facendone il nome - e sui dirigenti di Amo. Pretendendo e ottenendo, fin da subito, la rimozione dalla giunta di Riccardo Righi, sindaco di Carpi, di Alessandro Di Loreto, vero mentore di Righi e forse unico amico politico. Che ha dovuto lasciare l’amministrazione viste le pressioni del Pd carpigiano, Daniela Depietri in testa, che s’è affrettata a dire che Di Loreto non è un uomo Pd. E l'ex amministratore unico Reggianini? A costringerlo alle dimissioni da segretario Pd è stata l'azione del sindaco Mezzetti (guarda caso non iscritto al Pd), con tutti i maggiorenti del partito, il deputato Vaccari in testa, a gridare in coro 'si è dimesso per senso altissimo di responsabilità', 'piena e totale solidarietà', 'è stato il primo a denunciare'. Verso di lui nessuna presa di distanza ufficiale prudenziale da parte del Pd stesso o della dirigenza Amo.
Così oggi nel mirino finisce Daniele Berselli, attuale direttore generale dell’azienda. Sottoposto a un attacco mediatico incrociato senza precedenti. Grazie al nuovo amministratore unico sappiamo - addirittura ufficialmente - tutti i passi di Amo nei suoi confronti, fra pressioni per le dimissioni, ritiro delle deleghe con tanto di procura notarile, nonché tutti i principali motivi della lettera di contestazione – alcuni dei quali, peraltro, frutto di notizia date in esclusiva da La Pressa, come la lettera della Agenzia delle Entrate o la trasmissione delle dimissioni volontarie della dipendente.
Possiamo capire l’esigenza del giovane sindaco di Carpi Righi di scaricare la tensione per Di Loreto, ma avremmo capito molto di più un provvedimento di sospensione delle deleghe fino al momento delle indagini, senza comunicati stampa. Ma c'era davvero bisogno da parte del nuovo amministratore unico di Amo di mettere alla gogna un dirigente pubblico come Berselli, da vent’anni nella Agenzia, promosso da poco direttore e quindi ritenuto ampiamente meritevole e competente? Non bastava, anche in questo caso, una immediata sospensione cautelativa e tenere il profilo basso?
Ah, no: Berselli e Di Loreto non sono del Pd.
Magath
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